La pizza dei due mondi

Il 2 giugno, in occasione delle celebrazioni per la festa della Repubblica, a New York si è discusso di pizza. Dal ristorante Rossopomodoro nel Greenwich Village infatti è stata lanciata la petizione mondiale #pizzaUnesco, alla presenza della Rappresentanza italiana all’Onu e dell’ex ministro, e promotore della campagna, Alfonso Pecoraro Scanio. Con la petizione si chiede che l’arte dei pizzzaioli napoletani venga inserita nella lista del patrimonio immateriale Unesco. Non esiste luogo più appropriato di New York da dove dar voce alla richiesta, terra simbolo del valore mondiale della pizza. La “regina” di Napoli è infatti in continua ascesa e negli ultimi anni maestri pizzaioli campani trasferitisi a New York hanno portato con sé maestria e arte capaci di cambiare lo scenario della gastronomia della città e di un business attualmente dalla cifre esorbitanti.

New York, stando ai numeri quindi è il posto con il più alto numero di pizzerie al mondo e nel resto degli Stati Uniti queste ultime hanno superato di gran lunga i locali che vendono hamburger . La pizza verace del Vesuvio però, deve vedersela con la cugina più giovane e a suo modo autorevole del continente americano, la New York-style pizza. Una vera istituzione, la pizza della Grande mela seppur introdotta da un italiano parla una sola lingua, l’americano di New York. Quale è la sua unicità e che cosa la rende diversa dalla parente italiana?

Partiamo dalle fattezze: la pizza di New York è caratterizzata da una forma rotonda molto larga, 45 cm circa, e, perché venduta al taglio, è divisa in 8 tranci. Pezzi a forma di triangolo, gli slice, hanno una base molto sottile e la crosta lungo il bordo (il cornicione) non molto alta ma croccante.  Si mangia solitamente piegata ed è a portar via, come cibo di strada, da fast-food o street-snack appunto. Sembra che la farcitura classica preveda sulla base prima la mozzarella (in abbondante quantità) e poi il sugo di pomodoro, con una discreta caduta di olio. La salsa ha un sapore dolciastro, non può chiamarsi New York-style altrimenti, ed è insaporita con aglio in polvere, origano e qualche volta pepe. Per finire, parmigiano grattugiato e peperoncino tritato, a piacere. Il costo per una cheese pizza (pizza con la mozzarella) ritenuta di base, è di 2.50 dollari. Il prezzo basso dello slice è un altro motivo per cui la cugina americana è diffusa e alla portata di tutti.

Per i pizzaioli locali invece la New York-style pizza si distingue per due ragioni:  il glutine contenuto nella farina, che è la stessa con cui si prepara il pane, e i minerali presenti nell’acqua con cui viene preparata. Acqua che sgorga dalle sorgenti delle montagne rocciose Catskills, che si trovano a sud-est dello Stato di New York, e considerata così pregiata da essere esportata oltre confine per poter preservare l’autenticità della New York-style pizza.

Righe di storia

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La prima pizzeria negli Stati Uniti fu fondata nel 1905 da Gennaro Lombardi nel quartiere di Little Italy, a New York, e si trova lì tuttora. Immigrato napoletano, a Gennaro, già proprietario di un negozio di generi alimentari, fu concessa la licenza per vendere la pizza nello stato di New York. All’epoca la semplice margherita era considerata cibo per pochi, in quanto molto cara. Più tardi, un dipendente, Antonio “Totonno” Pero, pensò di tagliarla per venderla anche a pezzi. Per 5 centesimi la pizza si diffuse fino a diventare cibo popolare. Nel 1924, Totonno lasciato Lombardi aprì una propria pizzeria a Coney Island dove si vendeva esclusivamente la “verace” al taglio. A distanza di quasi un secolo è cambiata solo la lista dei condimenti perché lo stile della pizza di New York, apprezzatissimo, rimane una salda istituzione.