La società globale può essere divisa tra chi fa e chi dice che farà. Quando, però, non è dato saperlo

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in foto Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea

Volendo partire da vicino, martedì è stata una di quelle giornate che resteranno memorabili, tanto in senso negativo quanto in quello positivo. È successo infatti che la Signora Commissario Ursula Von Der Layen sia riuscita a invertire a U la rotta di buona parte delle imba cazioni battenti bandiera EU, convincendo i capitani, i premier, che, in presenza di mali estremi, fosse necessario ricorrere a rimedi estremi. È passato quindi in quella commissione che ciascun paese dovrà autolimitare il consumo del gas in un range contenuto entro il 15%. Per l’Italia è stato convenuto il 7% che è stato accettato senza esitazioni dal governo. Questa calda raccomandazione vuole che ciò si faccia dal prossimo inizio di agosto fino a tutto marzo del 2023. Da calcoli eseguiti a Bruxelles, anche se il Cremlino ordinerá a Gazprom di azzerare il quantitativo di gas da inviare in Europa, nessuno degli europei morira di freddo. Anche il sistema produttivo, seppure con maggiori difficoltà, evitera il fermo. È importante notare che la decisione, lungi dall’avere connotazioni autarchiche, è invece un’ottima prova che la EU esiste nel senso che funziona e che i paesi che ne fanno parte hanno cominciato a capire fino in fondo l’importanza di saper far squadra. Il solo particolare che l’accorato suggerimento della autoriduzione di cui innanzi sia stata accettata dai rappresentanti di tutti i paesi membri escluso quello ungherese, la dice lunga sull’evoluzione, seppur accelerata dalla pandemia e dalla questione Ucraina, compiuta dal Vecchio Continente. È importante sottolineare che, se e quando si saranno calmati i bollenti e dissennati spiriti di Putin e dei suoi compagni di merenda sparsi nel Pacifico, l’assetto globale della distribuzione degli idrocarburi, primo fra tutti il gas, risulterà completamente stravolto. Alla stregua andranno sicuramente aggiornate molte delle strategie che dovranno portare l’umanità nell’era verde del progresso. Intanto nuvole molto scure continuano a addensarsi all’orizzonte internazionale e, con aspetto particolarmente minaccioso, a quello del Paese. Il FMI ieri ha comunicato di aver dovuto rivedere al ribasso le previsioni di aprile sulle prospettive di crescita dell’economia italiana. Altrettanto stanno facendo le agenzie di rating: dopo Fitch la scorsa settimana, nelle ultime ore si è unita al coro, o poco meno, di quei paesi che hanno subito un immediato stop senza però che sia seguito un go per quanto riguarda le loro prospettive di crescita. Certamente la crisi di governo avrà pesato non poco sulle analisi di quelle istituzioni, ma ciò che inquieta è che le stesse, anche nel medio periodo, non intravedono inversioni di tendenza del fenomeno.Rimanendo così a osservare, del resto altro non si può fare, nei confini fisici del Bel Paese, si sta ancora una volta avendo conferma che tra il fare senza dire, o quanto meno fare e poi dire, e l’annuncio di voler fare con squillo di trombe e rullio di tamburi, senza che nulla segua, c’è la stessa differenza che passa tra il di e la notte. Da una parte il Professor Draghi e la sua squadra di governo stanno lavorando, lottando contro il tempo, per portare a termine quanto avevano iniziato prima che iniziasse la dissennata manfrina di coloro che oggi non fanno mistero di voler prendere il suo posto. Dall’altra sono in frenetica attività proprio questi ultimi, improbabili aspiranti al ruolo di salvatori della patria, che stanno confondendo ancor di più il pensiero dell’elettorato, come se il livello raggiunto fosse ancora una bazzecola. Gli elettori vorrebbero fin da ora sentire parole costruttive tratte da veri e propri programmi di governo e non chiacchiere vuote e puerili riguardanti, un esempio per tutti, chi, nelle costituende alleanze tra partiti per marciare insieme verso il traguardo del 25 settembre, dovrà essere il nuovo premier. Succede cosi come in campagna, quando zappatori fin troppo solerti cominciano a chiedere aiuto a San Paolo già prima che da uno dei solchi che stanno aprendo esca un serpente. Per solo ricordo San Paolo, nella agiografia, è indicato come efficace avversatore di quei rettili. Quanti, prendendo atto di tali proposizioni espresse da chi presume di voler agire nell’interesse degli italiani, fatte le opportune valutazioni se recarsi oppure no alle urne dopo quattro giorni dall’inizio della stagione autunnale, concluderanno che non è il caso e opterà per fare ancora una gita fuori porta, tra le ultime che precederanno l’arrivo delle prime piogge e del primo freddo? La panoramica non è di sola scuola, perché il comportamento degli aspiranti al seggio si discosta sfacciatamente di poco dall’ipotesi teorica appena formulata. Intanto l’ inflazione non accenna a scendere nè i prezzi a fermare la loro corsa al rialzo, per cui gli italiani, a bocce ferme, avrebbero giá più che a sufficienza motivi per non star sereni. Se arriva poi, come è arrivata, un’ ulteriore boccia a colpire il pallino, cioè la spallata al governo, è già un risultato positivo che non sia ancora iniziata una guerra civile. Un brano musicale francese dei primi anni ’70 paragonava l’estate a un bel gioco: è stupenda ma dura poco. Di questa in corso restano circa due mesi.È probabile che per chi aspira a sedersi sugli scranni del potere, le vacanze resteranno un sogno nel cassetto: potrebbe perciò essere un periodo di creatività. Discussa alla Coltivatori Diretti, questa ipotesi ha ottenuto diverse espressioni di diniego qui non riportabili per decenza. L’unica che si è salvata e rende bene il concetto, è stata la domanda retorica di un massacro, pochi ma esistono ancora, che ha chiesto ai colleghi se avessero mai visto zingari mietere. Una fragorosa risata è stata la risposta. È difficile credere che gli altri italiani potranno avere la stessa reazione dopo il 25 settembre.