Si presenta nella chiesa del Gesù di Roma il Presepe napoletano di Pinfildi ispirato a Sant’Ignazio di Loyola

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in foto Ulderico Pinfildi

Sarà presentato domani (martedì 8 dicembre alle ore 19) in anteprima, nella Chiesa del Gesù di Roma, il Presepe dei Gesuiti, opera inedita di Ulderico Pinfildi, lo scultore napoletano considerato tra i massimi interpreti dell’arte presepiale contemporanea. Pinfildi, si ricorda nella nota di presentazione della mostra, è anche “l’autore del presepe ispirato a Caravaggio, esposto nel palazzo del Pio Monte della Misericordia a Napoli, accanto ad uno dei quadri più noti del Merisi: Le Sette Opere della Misericordia”.
“Questa volta – si legge nel testo di Maria Laura Berlinguer (le foto sono Ugo Pons Salabelle e Claudia Frijio) la scena della natività prende vita intorno alla figura di Sant’Ignazio di Loyola e segna il legame tra l’arte presepiale di Ulderico e l’ordine dei Gesuiti. All’interno della chiesa, il presepe napoletano dei Gesuiti, esposto in uno degli altari laterali della chiesa, diventa simbolo ed esortazione a non abbandonare speranza e fiducia. Ignazio di Loyola fondò il suo ordine e cominciò la sua ricerca di Dio in un secolo dilaniato dalle guerre di religione. Dall’interno della Chiesa si chiedeva una riforma alla decadenza del papato rinascimentale e della curia, fatta di grandi mecenati ma anche di tendenze non conformi con il Vangelo. La figura di Ignazio di Loyola, con la sua preoccupazione di propagare la Fede, è un simbolo potente di guida in un momento in cui siamo costretti a ripensare al nostro modo di vivere colpiti da un virus esterno. L’opera di Sant’Ignazio, che creò un vero gruppo di missionari partiti per primi per l’evangelizzazione delle nuove terre e che propose la sua esperienza spirituale di conversione negli Esercizi Spirituali, è ispirazione in questo drammatico momento in cui, nonostante il distanziamento sociale, è più che mai importante l’agire per gli altri, fulcro dell’azione del santo”.
“Ecco perché – continua la nota -, oggi più di ieri, il presepe napoletano di Ulderico Pinfildi con le sue allegorie e i suoi personaggi costruiti intorno alla figura di Ignazio de Loyola, diventa in una pièce teatrale destinata a stigmatizzare nel tempo il nostro bisogno di ritorno a una umanità profonda. Quando, all’inizio del 2020 Padre Massimo Marelli (rettore della chiesa del santissimo nome di Gesù) ha chiamato Ulderico Pinfildi per realizzare un presepe napoletano nella Chiesa del Gesù a Roma, la crisi era lontana, ma chiaro era che il messaggio di Sant’Ignazio di Loyola poteva essere mirabilmente trasmesso dall’arte di un maestro del presepe. Chiara era la meravigliosa capacità del presepe di cambiare aspetto a seconda della collocazione geografica, di trasformarsi in base al suo inserimento spazio temporale. Chiaro era anche che tutto questo poteva diventare sublime nelle mani di un grande interprete. Questa natività creata per l’ordine dei Gesuiti è perciò unica e universale come solo la vera arte può essere. Il suo presepe come sempre è diverso da tutte le altre rappresentazioni presepiali, un racconto sacro ma al di fuori di ogni attuale stereotipo. Prendendo spunto dall’arte e dalla bellezza che ci circonda, Ulderico ha immaginato un presepe che avesse come punto centrale non le rovine di Ercolano, come la tradizione vorrebbe, ma un baldacchino dalle colonne tortili citando uno degli altari della Chiesa di Sant’Ignazio e che si prestava alla rappresentazione presepiale”.
“Tutta l’opera – osserva la curatrice – si sviluppa intorno a queste colonne ritorte che ospitano la natività come un quadro nel quadro. Al centro del baldacchino una madonna umile, sdraiata, con il bambino in braccio, è ispirata alla natività siciliana del Caravaggio a Messina. È una Madonna stanca dal parto, terrena, umana, e un San Giuseppe inginocchiato al suo fianco in dolce contemplazione. Sovrasta la scena una citazione del Caravaggio: una Gloria potente di angeli abbracciati e in picchiata verso la natività, che ricordano quelli del Pio Monte della Misericordia. Gli angeli portano i simboli dei gesuiti, il primo tiene in mano un cartiglio che si scioglie con il motto della Compagnia: “Ad maiorem Dei gloriam” che richiama la prima lettera di san Paolo ai Corinzi “”Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” (1Cor 10, 31).
Protagonista del racconto è come sempre la nascita, ma il racconto si sviluppa su diversi piani. È un teatro multietnico dove alle figure tradizionali del presepe in costume napoletano si alternano figure dai tratti somatici orientali che evidenziano il lavoro di evangelizzazione della Compagnia di Gesù, dei Compagni di Ignazio di Loyola andati per il mondo a portare l’annuncio e la testimonianza del Vangelo.
Tutte le figure ruotano in un fermo immagine che lascia il fiato sospeso intorno alla figura del nobile basco fondatore della Compagnia: Sant’Ignazio di Loyola, con gli abiti dei gesuiti, posa la spada e s’inginocchia davanti alla natività. Come ha detto lo stesso Pinfildi: “Sant’Ignazio partecipa al presepe, ne diventa attore importante a rimarcare il suo amore per la figura di Gesù, che ne ha ispirato la vita e le opere”. Forte è il contrasto tra l’umiltà delle vesti della Sacra famiglia con lo sfarzo degli altri personaggi: struggente è la figura del mendicante, un nudo in torsione michelangiolesca, che dal centro del presepe in basso tende la mano alla natività come un burattinaio che tiene i fili invisibili, adorante, drammatico, a rappresentare un’umanità perduta, una misericordia da recuperare e una speranza che sempre deve accompagnare ogni nostro passo. Come nel presepe del Caravaggio, le parti buie sono importanti quanto le luci e la scena non è zeppa come nella filosofia napoletana classica: personaggi diventano attori che in un fermo immagine raccontano il dramma e la dolcezza di un pensiero eterno. Nel quadro tridimensionale di Ulderico Pinfildi, i fili invisibili che intrecciano la storia dei personaggi non sono altro che l’amore descritto da Sant’Ignazio di Loyola.Un amore che consiste in una reciproca comunicazione da cui deve nascere la capacità di trovare Dio in ogni cosa. Un amore che deve porsi più negli atti che nelle parole. E con l’effetto, straordinario, di unire in un tutt’uno di incomparabile bellezza e potenza suggestiva la Chiesa del Gesù, l’opera di Ignazio di Loyola, la tradizione del presepe e la riflessione sul nostro presente”.

Mostra a cura di: Roseli Katibe e Experience Italia Testi: Maria Laura Berlinguer
Foto: Upo Pons Salabelle e Claudia Frijio
Contatti: roselikatibe@icloud.com Tel: 393 9979606
Via san Biagio dei Librai, 113 – Napoli