Università e impresa, è il momento di darsi la mano

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Cosa bisognerà fare nei prossimi dieci anni per rilanciare questo Paese che non si muove? Quali politiche serviranno per rispondere alle crescenti esigenze dei giovani, impantanati in statistiche orrende, e sempre più propensi a lasciare il Belpaese per climi più Cosa bisognerà fare nei prossimi dieci anni per rilanciare questo Paese che non si muove? Quali politiche serviranno per rispondere alle crescenti esigenze dei giovani, impantanati in statistiche orrende, e sempre più propensi a lasciare il Belpaese per climi più rigidi che consentono loro di vivere in territori più stimolanti? Un po’ di risposte si trovano sul volume “Mezzogiorno 2025, i cantieri immateriali per la crescita e l’occupazione”. L’autore, Aldo Romano – professore emerito all’Università del Salento, insignito anche della medagli d’oro per le benemerenze culturali da Carlo Azeglio Ciampi – approfondisce e racconta soprattuto il rapporto tra università e lavoro, e constata che è nella “diustanza tra il tipo di formazione ricevuta e le richieste del mercato, che i ragazzi perdono opportunità, si smarriscono e con loro il Paese, che perde capacità di rilancio”. Ma ecco le sue parole, catturate mercoledì 22 gennaio alla Feltrinelli di Caserta, in occasione della presentazione del suo libro; evento organizzato dal decano di Ingegneria gestionale Mario Raffa alla quale hanno preso parte, oltre all’autore del libro, il rettore della Federico II Massimo Marrelli, il prorettore della Sun Mario Mustilli, e Pasquale Popolizio, vicepresidente nazionale dell’Iwa . Secondo Aldo Romano, “la distanza tra Università e impresa, si colma con la costruzione di cantieri immateriali, dei luoghi, delle aggregazioni, pensate per favorire lo sviluppo della conoscenza, unica leva di mercato”. Per Massimo Marrelli, “in questo momento l’Italia è in ritardo. Altrove si stanno facendo cose migliori, si stanno creando processi più utili al raggiungimento del risultato. Ma anche qui, anche nel nostro Sud – sottolinea Marrelli – ci sono grandi realtà che investono, e molto, in innovazione. Non dobbiamo dimenticare”. Mario Mustilli è più incline a pensare che la ripartenza di alcuni settori e l’addestramento dei giovani al presente e al futuro siano concetti da affrontare prima sul piano culturale. L’Università come l’impresa devono fare di più, ma “la partita dovremmo cominciare a giocarla – dice Mustilli – nelle scuole secondarie”. Mario Raffa ricorda i risultati ottenuti dall’Italia in tema di idee diventate impresa. “Delle Business plan competition sviluppate dalle università italiane dal 2003 allo scorso anno risulta che 416 attività d’impresa avviate, più della metà sono attive. Il capitale umano di cui disponiamo è molto buono, dobbiamo costruire sistemi in grado di attivarlo”. Il nuovo presidente del corso di laurea in Ingegneria gestionale, Luigi Bruno, porta il problema ancora più affondo: “Il sistema educativo italiano ha visto la sua ultima riforma negli, anni Venti, con il ministro Gentile. Da allora aspettiamo che si riprenda in mano il problema. Così perdiamo competitività e non costruiamo, nei giovani, l’idea che il futuro è loro”.