Con una mano costruire e con l’altra distruggere è un paradosso, definito anche l’arte dei matti

in foto: scena di guerra in Ucraina

Chi si sofferma anche solo per qualche minuto di fronte al totem familiare, il televisore, con buona probabilità muterà umore. Chi era triste lo diventerà ancor più e chi di buon umore si rabbuierà, cambiando senza indugio canale. Entrambe le categorie di telespettatori
dovranno tenere a bada un sentimento particolarmente negativo, anche se il più delle volte solo temporaneamente: si tratta dell’ira. Essa, talvolta in passato definita funesta, è caratterizzata da una perdita di equilibrio e di controllo del proprio senno. Diventa ancora più disdicevole perché spesso sfocia in comportamenti violenti, molto spesso
generalizzati. È da augurarsi di non venire in contatto con personaggi del genere appena descritto, perché se si iniziasse con gli stessi anche un minimo di dialogo, si saprebbe da dove partire ma non certo come e dove quel confronto potrebbe finire. Ciò valga a fornire una traccia a commento della realtà economica generale che si prospetta a un comune soggetto appartenente al consorzio umano. Succede così che, se da una parte si viene a conoscenza di notizie positive, anche esse connotate dall’essere senza frontiere, dall’altra arrivano notizie e immagini di danni di guerra o a essa riferibili che lasciano se non impietriti, quasi. Accanto alla folta e accesa disputa, per quella parte della popolazione non distorta da guerre o violenze di ogni genere, sarà di sollievo venire a conoscenza che la vita continua e con essa il progresso scientifico e tecnologico. La transizione all’utilizzo di energia ottenuta da fonti rinnovabili e la ricerca sull’implementazione della stessa AI, l’intelligenza Artificiale, proseguono pressoché a pieno regime. Al momento stanno facendo da apripista ai diversi filoni di studio dedicati ai vari settori coinvolti e destinatari dei risultati che, in itinere, verranno alla luce. Solo per colore, l’attività di ricerca è lunga e laboriosa e, particolare non trascurabile, non costa pochi spiccioli. Le due attività appena descritte, le guerre che sanno di distruzione e null’ altro e alla ricerca necessaria per progredire e quindi vivere meglio, richiedono risorse finanziarie di particolare consistenza. Al momento sono affrontate a fatica e il ritorno non è prevedibile in un tempo differito programmabili ex ante. I benefici apportati saranno più o meno lenti a concretarsi ma alla fine consentiranno sia il recupero della finanza impiegata in quella ricerca, sia in vantaggi economici che proveranno, senza particolari altri impegni, dal’ utilizzo della stessa. Dall’altro lato, in quello caratterizzato da spari e crolli, avviene l’esatto contrario. È d’obbligo richiamare l’attenzione sul fatto che non esistono cifre che possano ripagare la perdita di vite umane. I soldi destinati a finanziare le guerre devono essere considerati come un investimento a fondo perduto. Esso è paragonabile in parte ai fuochi d’artificio che si distruggono per loro stessa natura, senza creare niente oltre a una bellezza caduca. La finanza destinata a supportare le popolazioni in guerra presenta altri aspetti negativi: quelli che contribuiscono alla distruzione del patrimonio dei paesi contendenti. Di per sé, stante la deformazione delle attitudini sociali in senso lato, producono, quando ne hanno la possibilità, poco e male. Le note ancor più dolenti si faranno sentire all’ epoca della ricostruzione, quando nessuna delle parti in causa, anche indirettamente, potrá tirarsi fuori senza mettere la spalla sotto il carro in salita. L’aspetto più inquietante della vicenda è che i tempi necessari per far tornare al passo le parti contrapposte, ammesso che riescano a mettere la parola fine a quanto sta accadendo. Per ora, non si intravede via di uscita, come per la durata dei tempi di ricostruzione. Aggiungendo che, per buona parte di quei beni, la ricostruzione dovrà prevedere anche l’aggiornamento alle tecniche e alla normativa valide al tempo. Altro commento realistico fattibile attualmente è che non sarebbe prudente ipotizzare una data certa per la fine degli scontri. Un fatto è però definibile con buona attendibilità: sarebbe poco prudente che la generazione attuale si aspettasse che quella che
seguirà assegnerà alla stessa onorificenze alla memoria. Sarà già grasso che cola se riusciranno a astenersi dalla damnatio memoriae.