Pnrr, il riordino dei processi educativi ha bisogno di uno sforzo nell’orientamento di studenti, famiglie e imprese

in foto Patrizio Bianchi (Imagoeconomica)

Spigolature di esperienze cognitive sui Test Invalsi, alternanza-scuola lavoro (Pcto), evoluzione educativa professionalizzante nella scuola media, nella superiore (Its) e nell’Università (Stem).

La realizzazione del “nuovo credo” Draghi-Bianchi istituito nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) a colpi di riforma dei processi educativi introducendovi un’ intensa terapia della professionalizzazione non va assolutamente a discapito del ruolo tradizionale dei test Invalsi. Tale ruolo continua a rivelarsi centrale nella valutazione, ai vari “livelli” di istruzione, alla fine dei quali i test vengono somministrati alle studentesse ed agli studenti per valutare non solo ciascuno di essi ma anche la classe di appartenenza e, via via, a matrioska, la Scuola-Istituto singolo, la loro aggregazioni per area territoriale, ad esempio, comunale, provinciale, regionale e delle ripartizioni statistiche del Paese. Infatti, resta fondamentale l’operazione della “restituzione” da parte dell’Invalsi alle Scuole, ben condivisa e spiegata agli/dagli operatori scolastici. A partire dalla fine del primo decennio del 2000 (2008-2009), l’Istituto dette spazio, nella pubblicazione dei risultati definitivi, al trattamento delle conseguenze di “comportamenti opportunistici” (cheating problem) che sorgevano a causa dell’uso della modalità di rilevazione dei risultati dei test con questionario “carta e matita”, sul cui trasferimento dei risultati nell’archivio informatico della Scuola si segnalavano, talvolta, interventi al rialzo dei voti da parte dei personale che realizzava l’operazione, oltre le distorsioni, di pari segno, derivanti da “comportamenti opportunistici” di studenti suggeritori. Questo fenomeno si verificava specialmente nelle Scuole del Sud e nelle Isole.
Per inciso, ciò influiva le ricorrenti analisi, specialmente in riferimento alle varie aree del Paese, che si riconducevano all’interpretazione del diverso contributo al quadro di riferimento, agli squilibri del mercato del lavoro ed alla formazione differenziata del capitale umano a cui si riferisce il professor Giorgio Vittadini ma anche nel dibattito politico, che per l’istruzione ha vissuto note particolarmente polemiche. La soluzione “uovo di Colombo” sarebbe stata l’uso del computer da parte dello studente nella compilazione dei questionari in modo che i risultati dei test avrebbero poi alimentato direttamente il sistema informatico, operando, al fine di elidere ogni forma di “comportamento opportunistico” solo il controllo che non vi fossero “suggeritori”. Nel 2008-2009 le Scuole non erano adeguatamente informatizzate e scarsamente fornite di “sale di calcolo”. Dopo una decina di anni, cioè nel periodo immediatamente pre-pandemico, proprio quando ci fu un malaugurato salto di una rilevazione dei test (2020), segnando un momento oscuro nel “controllo” della evoluzione della valutazione dei processi educativi italiani, sono state raggiunte soglie di presenza di dotazioni che hanno consentito di salutare la provvida introduzione della modalità Computer Based Test (Cbt) – al posto della “carta-matita”. Tale introduzione permise l’abbandono della correzione “da modello” che dal 2008-2009 l’Invalsi adottò utilizzando i risultati di un team di tre ricercatori napoletani dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, di cui senza contare vanto, formai. La ricerca appartenne ad un grappolo di molteplici tematiche dell’Invalsi, a partire dalla prima del 2006 (dedicata alle “mancate risposte”) di cui il team si interessò in tema di “analisi della qualità di dati statistici” mettendo a disposizione la mia esperienza acquisita quale membro del Consiglio di Presidenza dell’ISTAT e poi della Commissione di Garanzia dell’informazione statistica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Esse furono condotte per pura finalità di ricerca universitaria e senza alcun onere di consulenziale a carico dell’Invalsi, che su semplice richiesta fornì i suoi dati riferentesi ad alcuni anni prima. Quanto al “modello” del 2008-2009, esso consentiva di scremare i dati da comportamenti “opportunistici”, quindi ricavando, per così dire i punteggi “veri” conseguiti dagli studenti, con l’ausilio applicativo “da modello”.
I risultati Invalsi, che se si fa eccezione per il primo anno di pandemia, sono stati sempre assicurati non si incontrano e quindi non si scontrano con i risultati delle autonome e differenti prove di esame di fine percorso del Ministero che segnano il conseguimento (o meno) del titolo da parte dello studente. Va detto, per inciso, che la notizia recentissima del 4 marzo 2022 su Orizzontescuola.it nell’articolo “Prove Invalsi e risoluzione di problemi audio del PC: un esempio di circolare” di Nobile Filippo ha fatto balenare, per un momento, un ritorno dal CBT al questionario cartaceo + matita e quindi con relativa necessità di “ricorrere al modello” un’altra volta, che, ad onore dell’Invalsi è stato abbandonato appena si è potuto.
Infatti, le condizioni di accesso per la maturità 2022, non saranno costituite, secondo l’ordinanza in arrivo, né dalle prove Invalsi, né da quanto è acquisito dagli studenti nell’alternanza scuola-lavoro (Pcto).
Anche questa volta, quindi, il Ministero continua come prima: i percorsi di scuola-lavoro non saranno obbligatori per l’ammissione all’Esame di Stato; dei Pcto sarà solo oggetto di esposizione orale. Di questi ultimi, è noto, con un’articolazione più variegata, se si considera l’intero panorama scolastico nazionale, introdotta inizialmente nel 2003, è una metodologia didattica che permette agli studenti di affiancare alla teoria scolastica, un periodo di pratica. Va subito detto che il Pcto, via via che passa il tempo, meriterà un ruolo diverso, più pregnante rispetto al passato, tenuto conto della ventata di attenzione che l’istruzione scolastica ed universitaria darà all’accentuazione professionalizzante quale nòcciolo del Pcto per migliorare il successo dei propri processi educativi. Tale miglioramento, infatti, porta all’abbreviazione dei tempi di transizione dalla scuola al lavoro (Tsl), alla connessa riduzione del numero dei Neet (senza istruzione, formazione e lavoro) e all’abbandono scolastico. Obiettivi oggi che attirano moltissimo, mai come si è cercato di realizzare nel passato, i processi realizzativi, da parte dei due dicasteri dell’istruzione, quindi il Governo, assieme al Parlamento, alle Regioni, alle imprese ed ai sindacati, evidentemente sull’onda della spinta del Pnrr. Il nuovo “credo” è quello di creare un intero itinerario caratterizzato da rilevante intensità di professionalizzazione dei percorsi, fino a quello degli Its, nella nuova versione Academy.
La ventata della professionalizzazione riguarda il Ministero Bianchi: a) da una parte, per il provvedimento ordinamentale che allinea i curricula degli istituti tecnici e professionali – 4.300 Istituti circa + il sistema di istruzione professionale –; b) dall’altra, gli ITS Academy sopra indicati, che rappresenteranno in maniera significativa il modello di istruzione professionale, ad alto livello, già noto nell’ordinamento scolastico, sotto il monitoraggio dell’INDIRE e che il PNNR, integra con l’obiettivo di portare l’occupazione a un anno dal titolo, almeno all’ 80%, tenendo conto di mettere in moto l’aumento dei corsi, dei loro titoli e la localizzazione nel Paese rispondente ad un meccanismo di concertazione tra Ministeri, Enti locali, Fondazioni e Sindacati.
Anche il Ministero Messa, dell’Università e della Ricerca, per fare solo  un accenno ad un tema, quello della professionalizzazione, che  avrebbe bisogno di un maggiore approfondimento, per le sue peculiari diverse sfaccettature raggruppa e converte i   percorsi formativi delle lauree richiamandosi,   quanto  ai “contenuti”,   ad un’accentuazione   della professionalizzazione. Mi riferisco al  discorso connesso, ma diverso, anche per l’auspicato “maggiore presenzialismo” delle imprese nel funzionamento degli ITS per assorbire manodopera diversamente dalle  cosiddette lauree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), ove l’educazione STEM è molto più che unire insieme i titoli delle materie, da una parte, e travasare più propriamente i saperi nelle occasioni, non poche, in cui il maneggio del progresso tecnico e dei risultati nella ricerca soprattutto internazionale,  nelle imprese sopravanza addirittura l’Università.   Nel 2020 le lauree STEM, raggruppano un quarto   dei laureati (25-34enni)  nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche.
Ma qui viene il “nodo” che l’efficacia di questo  riordino epocale dei processi educativi,  scoccato col PNRR,   ha bisogno di uno sforzo adeguato nell’orientamento degli studenti e delle famiglie e che abbisogna ed apporta, al tempo stesso, una grande maturazione, in quanto   riflessiva e percettiva insieme. Il necessario ed auspicabile raccordo di questo sforzo, antecedente ed a tappe esperenziali,  va con le imprese da coinvolgere. Ciò soprattutto per la  crescita  del capitale umano che, in forma espressa e chiara deve  prolungare  i processi educativi. Un’attenzione connessa va data, quindi, all’area qua e là emergente  della formazione permanente e ricorrente su cui non è stata mai data  sistematizzazione (e quindi è urgente che si proceda) delle non poche attività ad essa riconducibile, senza dimenticare quelle connesse alla crescente età media della popolazione che, oltre ai problemi sanitari che comporta esige, dall’altra faccia della medaglia, un piano per anziani con l’obiettivo di prolungare il loro impegno, intellettivo e perché no, per quanto possibile lavorativo che aiuta molto nel periodo della senescenza delle persone che sono state molto attive.
In altre parole, data la situazione, questo vasto ed universale orientamento va realizzato da subito,  contemporaneamente alla:
– ventata dell’istruzione tecnica e professionale, ed il connesso piano anti dispersione, al quale si è in parte accennato, dopo il Piano Scuola 4.0 che mira a trasformare qualche migliaia di classi in ambienti di apprendimento innovativi (intelligenza artificiale, robotica, making, realtà aumentata, big data, cybersicurezza e transizione ecologica e digitale), nell’ambito del  Piano Scuola 4.0.
– “compilazione” del quadro delle discipline Stem e digitale al quale si è in parte accennato relativamente al piano universitario e  le scuole stesse parteciperanno al Piano ”Scuola futura”;  per quanto riguarda la digitalizzazione  vi sarà l’attivazione di un catalogo generale di migliaia di corsi di formazione per docenti, studenti e famiglie e 650 mila persone tra docenti e personale scolastico sul 2.0.
–  venuta alla luce degli ITS di cui alla legge di prossima attuazione.

Claudio Tucci, redattore de Il Sole 24 Ore, tra l’altro dell’Osservatorio PNRR dell’ istruzione  e Università, operatore della comunicazione molto competente, vi fa riferimento. L’idea descritta nel Pnrr  è che ogni anno della media inferiore e superiore vadano seguiti 30 ore di moduli di orientamento organizzando certamente una piattaforme delle novità sull’offerta formativa, in particolare sull’Its.

Che vede  nella realtà chi chiede la consulenza dell’Orientamento ed ha bisogno di consigli seri ? Sotto gli occhi di tutti “circa un terzo delle imprese dichiara di non trovare profili giusti da assumere (un’assunzione su due è considerata difficile, ad esempio, nelle discipline Stem); un calo generalizzato degli apprendimenti (Invalsi) tenuto conto del ricorso alla DAD che erode la possibilità di raggiungere livelli alti del capitale umano e riduce la possibilità di competere a livello internazionale; la percentuale dei Neet è salita dal 24,4% del 2019 al 25% del 2020; e abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 30%, peggio di noi solo Spagna e Grecia” Ma per agganciare la ripresa dobbiamo puntare sulla formazione aderente alle esigenze del mondo produttivo. Digitale ed innovazione stanno cambiando radicalmente il mondo afferma, il Sole 24 Ore…..   Di che tipo sono i consigli seri  richiesti ad una struttura di Orientamento rinnovata e all’altezza dei tempi di oggi?

……l’insieme delle iniziative volte a favorire una scelta ragionata degli studî da seguire e della professione da intraprendere, tenendo conto delle attitudini dimostrate e della personalità del soggetto, delle condizioni familiari, locali e ambientali, delle tendenze del sistema produttivo e delle possibilità di occupazione……

“L’Orientamento è un cammino cosi lungo che segna l’intero arco della vita di un individuo. È una consulenza che comprende un insieme di attività volte a sostenere le persone che devono, in momenti di transizione o difficoltà, maturare decisioni importanti; si tratta di attuare scelte, sul piano educativo, professionale e relazionale, con l’ausilio di un percorso di accompagnamento che dura tutto il corso della vita.

L’Orientamento interessa sia l’educazione, quindi la scelta di percorsi di istruzione e formazione, sia l’educazione alle scelte professionali, finalizzata alla conoscenza, anche diretta, del mondo del lavoro.

La raccomandazione del Congresso dell’Unesco di Bratislava, 1970 fornisce la migliore definizione: “Orientare significa porre l’individuo in grado di prendere coscienza dì sé e di progredire, con i suoi studi e la professione, in relazione alle mutevoli esigenze della vita, con il duplice scopo di contribuire al progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della persona umana”.

L’Orientamento è “processo volto a facilitare la conoscenza di sè, del contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi ed interagire con tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e di sostenere le scelte relative” (Accordo sull’Orientamento Permanente 20/12/2012).

Gli Orientamenti scolastico, universitario, professionale e la ricollocazione, sono strumenti fondamentali in grado di fare la differenza per quanti decidono di pianificare la propria formazione e professione e, quindi, di scegliere con cognizione, consapevolezza, e responsabilità il percorso di studi e lavoro, attraverso l’acquisita conoscenza di sé e dell’opportunità formative e professionali di mercato.
L’Orientamento ha il fine di supportare il singolo nella realizzazione di un progetto di vita personale e professionale che ha bisogno ancor più di un’azione finalizzata alla costruzione del sé e alla realizzazione sociale del cambiamento, per gestire consapevolmente ed attivamente le opportunità e le difficoltà formative e professionali e per essere capaci di mettere in pratica il proprio progetto di vita in un mondo in continuamente in evoluzione”.
Concludo  come un equilibrista senza rete sottostante. Come si vede l’Orientamento, quale funzione molto “complessa” che si associa a meccanismi  di una certa “complicazione” va affidata ad una struttura di riconoscimento  pubblico-privato nazionale con stretti rapporti con enti e strutture  internazionali e di altri Paesi che   “garantisce” la portata delle informazioni erogate nel quadro di connotazione di efficienza nel funzionamento dei meccanismi e di efficacia per gli stakeholders tipici di un collettività che sia figlia del nuovo “credo” della  “sostenibilità” e di ciò che questa connotazione comporta.