Il corpo di Adone tra natura e mito nella pittura di Gaetano Di Riso

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in foto Gaetano Di Riso

L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte, in Italia e all’estero, avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

di Gaetano Romano

Da tempo il colore blu rappresenta il referente primario della pittura di Gaetano Di Riso, un sodalizio mai interrotto tra lui e il colore; entrambi uniti e come rapiti nel dominio di esso, reso ancora più evidente e tangibile, nelle opere recenti racchiuse nel ciclo – “ E Adone non lo sa “ – al centro della mostra al Museo Archeologico di Napoli, inaugurata il 26 Gennaio, tale sodalizio non si interrompe, anzi si fortifica, ma con varianti.
Dodici grandi opere presentate al secondo piano del MANN, nelle sale 94 e 95 e visibili fino ad aprile, raccontano l’epopea di Adone, che attraverso il mito e la storia arriva ai giorni nostri.
Lentamente le imponenti stesure di blu e di azzurro, lasciano emergere alla vista, come ha inteso il filosofo francese Nancy, di cui riportiamo un passo, un mondo/cosmo/natura che si squarcia al suo interno, per contenere anche l’uomo e le case che abita.
“Ogni volta è un gesto del corpo e del pittore che fa apparire l’immagine, cioè la presenza vera di quell’assente che si proietta verso se stesso ritornando a sé per offrirsi come spettacolo, gioco di tratti o di macchie, disposizione di ciò che è effettivamente incorporato nel corpo che dipinge.” (Jean-Luc Nancy).
E’ un dato irrefutabile il grande abbraccio con la natura e il corpo/mondo che segna la pittura di Di Riso, e che in questo recente ciclo, in cui si sostanzia soprattutto il dialogo con il mito e il classico, da cui il riferimento ad Adone, è espressione pura e dialogante dell’arte contemporanea con le vestigia della classicità.
Chiave d’accesso per penetrare nel mistero dell’uomo e della natura, è ora la statua di Adone di Capua ( databile alla prima metà del II sec.d.C, ) conservata al Mann e proveniente dall’Anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere – in queste opere recenti, viene riproposto il suo volto in varie scansioni ( tronco, profilo, figura intera ) –  Adone emana un fascino potente e seduttivo ( l’arte annota Baudrillard, nel saggio La sparizione dell’arte, è profondamente seduzione ) ponendosi come faro e guida nel viaggio attraverso i luoghi cari all’autore, per risalire alle origini delle cose che hanno segnato con i loro archetipi l’immaginario degli umani.
Questa escursione sui luoghi del mito, coniugando con sapienza natura e cultura, ha prodotto tele imponenti, come è raro vederne oggi in giro, in cui la pittura è esercizio pieno, che continua e non si arresta, anzi travalica e investe le stesse cornici, nuove sedi dove continuare il racconto delle origini attraverso la storia.
Finemente istoriate e percorse dal segno pittorico, dialogano esse stesse, e cessano di essere mero ornamento della tela, si prefiggono compiti altisonanti come in un duetto d’amore, in cui l’amato insegue l’amata e la circuisce con il potere seduttivo e ammaliante delle parole.
Deve cadere nella rete e restare intrappolata, come il nostro sguardo che spazia ben volentieri tra mondi verdi e lussureggianti, bei profili di corpi ( ancora Adone ) e tutta la macchina artificiosa della pittura che non ci lascia scampo mentre ci invoglia con il suo inganno, ad entrare nel labirinto dell’immagine.
Labirinto delle immagini incardinato nel paesaggio della Costiera Sorrentina, non dunque un vagheggiamento memoriale, ma un luogo certo con le sue coordinate di monti e crinali, dove ogni tanto si scorge in lontananza un nucleo di case e ti chiedi come avranno fatto a costruirle lassù, e come e attraverso quali peripezie le possano raggiungere.
La distanza e l’inafferrabile lavorano per alimentare il mito e la nostalgia che l’accompagna, così dunque in queste tele di Gaetano Di Riso, dove i luoghi si lasciano amare con passione intensa e il mare talvolta si intravede dall’alto dei monti, incrociando lo sguardo con la bella testa di Adone che compare a latere, di sbieco, e che rammenta tutta la potenza riscoprente delle vestigia classiche della storia, rinasce in queste opere, tra corpo, natura, e mito.