L’opera delle guide può fidelizzare il turista

85

Può capitare di ascoltare lo stesso fatto, barzelletta, racconto da due persone diverse: una sarà in grado di tenere viva la vostra attenzione, di commuovervi, di farvi ridere, l’altro vi riferirà il fatto con tanti particolari, non perderà per un attimo il filo e, anche nel caso della barzelletta, sarà fedele al copione, alla battuta. Per quanto divertiti non rimarrete però coinvolti dalla sua performance. Identici meccanismi nella narrazione di una guida possono provocare disattenzione e anche noia oppure passione e curiosità. Certamente le doti naturali influiscono sulla gradevolezza di un esposizione, ma, come sempre, dove la natura non ha donato devono intervenire lo studio e la tecnica. Quando un gruppo di turisti segue la guida è molto facile notare sguardi distratti, disattenzione e allontanamento dei partecipanti che cercano nell’immediato intorno qualcosa che stimoli la loro attenzione e valga la pena di ricordare. Oggi le guide per essere abilitate sostengono un durissimo esame, sono tutte molto preparate e possono davvero offrire ai partecipanti alla visita un insieme d’informazioni e risposte. Ciò che il più delle volte manca è però la capacità, anch’essa frutto di studio, di tenere viva l’attenzione del turista, pesare le esigenze complessive del gruppo. Magari si tratta di turisti strutturati culturalmente, felici di raccogliere quante più informazioni è possibile, oppure potrebbero essere desiderosi di relax e quindi più inclini a qualche aneddoto, magari divertente, a qualche pettegolezzo che renda la visita meno didascalica. Anche qualche legame con le favole o il gioco, se per esempio nel gruppo ci sono anche dei bambini. Purtroppo non molte volte è possibile registrare l’uso delle svariate tecniche di comunicazione e il più delle volte, a Napoli come a Roma, Bologna o Milano la persona che guida i turisti nell’esperienza culturale e turistica tende a riferire le informazioni senza tenere conto esattamente del calibro del suo pubblico. La guida che a Capodimonte illustra le incomparabili bellezze esposte di sala in sala è precisa, didascalica, molto competente e in grado di rispondere alle domande più complesse. Il tono della voce è piatto, impersonale e la differenza tra un audioguida e il signore che conduce la visita è puramente fisica: l’uno ha gambe, braccia, corpo e capelli, l’altro è un oscuro oggetto di plastica collegato a un auricolare con un piccolo schermo dove compaiono di volta in volta le immagini ingrandite dell’opera di cui si può ascoltare la spiegazione. I turisti che desiderano stare attenti prestano attenzione gli altri volteggiano per la sala da opera in opera semplicemente prendono visione per poi proseguire nella sala adiacente. Lo spettacolo è deprimente perché alcuni visitatori già dopo un ora non avranno un ricordo, un emozione che li leghi al museo e certamente non hanno ricevuto alcuna sollecitazione per voler ripetere tra qualche tempo quest’esperienza. Teatro San Carlo: un folto gruppo di visitatori di nazionalità mista è seduto sulle poltrone del teatro e la guida, spiega per pezzi in italiano, inglese e tedesco tutti gli episodi un po’ prude che si sono verificati su quelle poltroncine fin dall’apertura del teatro nel 1737 circa. L’attenzione è massima ed anche quando cambia lingua, il linguaggio del corpo, la mimica facciale ed i toni della sua voce inchiodano il pubblico. Questa si chiama comunicazione, e si studia. Ripete ogni volta lo stesso racconto con vivacità rivolgendosi ai turisti con intensità, come se stesse parlando a ogni singolo, c’è la notizia tecnica quando spiega l’ordine dei palchi, c’è la curiosità quando spiega che la disposizione degli specchi nei palchi permetteva non solo di tenere sotto controllo l’entrata del re nel suo palco per non commettere errori d’etichetta, ma anche di poter interrompere civetterie e atteggiamenti arditi quando si scorgevano volti e personaggi che avrebbero potuto spettegolare. La visita ai palchi, che pur non sono la parte più interessante del teatro, diventa così una gara per provare a tener sotto controllo la sala. La professionista che guidava il gruppo riferiva le battute del re, quelle del cantante lirico il colore dei vestiti di questa o quella personalità e la gente apprendeva che la creazione del velario (la tela di Cammarano) in una posizione sottoelevata rispetto al tetto fa sì che si crei una sorta di camera acustica, come se ci fosse un enorme tamburo sopra la platea e che l’acustica è favorita anche dalle balaustre non lisce e di tutte le tecniche per dare al teatro la capacità di assorbire il suono in maniera corretta. Fantastico a Capodimonte sapere quali decisioni importanti fossero state prese nella sala del trono, quali personalità parteciparono a questo o quel ballo e quale tecnica fu adottata per la decorazione del salottino di porcellana della regina Maria Amalia di Sassonia dopo l’approvazione del progetto di massima approntato dal pittore e quadraturista piacentino Giovan Battista Natali . Episodi, informazioni, modi di narrare che esaltino la fantasia e risveglino nel visitatore locale l’orgoglio per la propria appartenenza e in quello straniero l’ammirazione ed il desiderio di vicinanza, possono essere la chiave per il successo della visita. Non si può superficialmente osservare che poiché il museo è un opera d’arte che contiene opere d’arte il pubblico non mancherà mai. E’ vero il mondo è pieno di gente e a Napoli turisti nuovi ne arriveranno sempre. Importante è però fidelizzare il turista, convincerlo che tornare in quel luogo è necessario perché non solo è bello, ma è divertente, avvincente, perché si trova sempre qualcosa di nuovo perché è bello pensare che le proprie radici, la propria essenza si trovino anche tra quelle meraviglie. Un bar accogliente, una musica improvvisa, qualche odore particolare. Non le tendine con i video delle battaglie allestiti a Palazzo Reale durante la mostra di Gioacchino Murat, ma un sommesso rumoreggiare, qualche rimbombo di sparo in lontananza, una lettera autografa di Gioacchino condannato a Morte come nel castello di Pizzo Calabro, recitata dalla voce espressiva di un attore e diffusa nella cella. Qualcuno lo sa fare e lo fa.