Diplomazia unico strumento per contrastare le guerre

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In foto Robert Word

Israele attacca l’Iran dopo che l’Iran ha attaccato Israele per ritorsione del bombardamento della sede diplomatica iraniana a Damasco, ma su tutte si ha l’impressione che ci sia una precisa intenzione che sa più di tatticismo mediatico diplomatico che di offesa reale, quella che si dovrebbe fare con le parole ma soprattutto con la propria personalità . Lo prova anche l’articolo comparso su Vanity Fair con il titolo: “Attacco dell’Iran a Israele : ecco perché non è guerra , ma diplomazia”, ma a che pro? Il conflitto uscirebbe dalla sua dimensione locale, non essendo più una reazione sproporzionata, ma la resistenza del Paese attaccato ai fini della sopravvivenza. In questo contesto le mosse possono essere prevedibili: da mesi l’Iran attacca Israele come sottolineato, attraverso i vari gruppi che finanzia ( Hamas e i pirati Houthi in Yemen per fare un esempio ). Ne discendono mosse che non solo vengono anticipate a livello dei servizi segreti o presunti tali, ma addirittura negoziate, come ha mostrato il comportamento di Biden che di fronte alla sua preoccupazione di un aggravamento del conflitto nella regione, aveva ricevuto la risposta che la reazione sarebbe stata calibrata di modo da non generare escalation nella regione, e questa è diplomazia piuttosto che altro.

La guerra è ben altro, e se ne infischia di guardare al consolidamento dei poteri domestici o dell’egemonia come guida dell’Islam. “I prossimi giorni discuteremo con i nostri partner nuove misure punitive per rendere l’Iran responsabile in accordo con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e per ora vogliamo la condanna dell’attacco dell’Iran a Israele”: lo ha detto l’Ambasciatore americano all’Onu Robert Wood durante la riunione del Cds, alludendo alla possibilità di presentare un progetto di risoluzione con nuove sanzioni contro Teheran.

Occorre preoccuparsi maggiormente della industria bellica iraniana rivolta contro l’occidente, visto anche che in Ucraina, Putin adopera droni iraniani, e che lo stesso Stato iraniano non ha mai permesso ai tecnici statunitensi di permanere nei siti il tempo necessario per verificare l’effettiva produzione di bombe atomiche: il decadimento isotopico dell’uranio radioattivo richiede un ingente numero di cicli che occorrerebbe lungo tempo per misurare a livello ispettivo la reale pericolosità di ciò che si sta producendo. Ancora una volta è la prospettiva di essere primi nel mercato bellico la cosa che interessa, garantendo potere e ricchezza ancor prima di esporsi in un conflitto reale; conflitto nel quale conterebbe molto la solidarietà degli altri Paesi alleati che nel golfo persico vacilla.

In sostanza più che avere una terza guerra mondiale, perché il fronte si può allargare fino ad un certo punto, alcune potenza mondiali si preparano a finti atti di diplomazia mascherati da attività bellica nella quale però ci rimettono soprattutto donne e bambini. Il numero di vittime in questa fascia di età è intollerabile e non si comprende perché l’esistenza di una Nazione come la Palestina, non possa essere per i più l’unico modo di garantire una pace duratura; se non altro perché in gioco sono proprio i diritti dei popoli di esistere e di difendere i propri cittadini.