Renzi, scacco alla maggioranza Giallorossa

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in foto Matteo Renzi (fonte: Imagoeconomica)

E’ andata come ci si aspettava o meglio come se l’aspettava chi crede ancora che la DC non era solo un partito politico ma un modo di fare politica.
Renzi si conferma l’ultimo democristiano, si è mosso con intenzioni uguali a quelle di Salvini ma senza istrionismi e ruvidezze e ha dato scacco alla maggioranza giallorossa. Se però lo scacco,
a PD, M5S & Co, sia matto ancora non è chiaro.
La crisi sta andando nella direzione desiderata dal leader di I.V..
Il PD è diviso fra la fedeltà a Conte (il meno peggio di tutti), la necessità di contenere Renzi (e il suo micro partito a sentire i sondaggi), l’aspirazione a essere alternativa in caso la maggioranza si ricompattasse intorno ad un nuovo presidente del Consiglio.
Il M5S non saprebbe come giustificare, senza spaccarsi, l’abbandono di Conte per la Presidenza del Consiglio a Di Maio o, di contro, la blindatura di Conte e la rinuncia a quanto rivendica da sempre per i numeri oggi in Parlamento (occasione difficilmente ripetibile visti i sondaggi).
Quanto ai supporter giallorossi, LEU e Responsabili, sono numericamente insignificanti a differenza di quei (si dice pochi) 5S intenzionati a diventare i pretoriani di Conte, almeno fino a quando rimarrà papabile perché una volta escluso dai giochi la riconoscenza verso di Lui diventerà il sentimento della vigilia; e agli altri 5S (si dice una quarantina) che, nell’indifferenza per Conte, seguirebbero Di Battista che minaccia la secessione in caso di nuova alleanza con Renzi.
Il Presidente della Repubblica sa sicuramente più di tutti noi; la tempestività con cui ha preso atto del recente voto di fiducia al Governo giallorosso sembrava un assist al Presidente del Consiglio, in pochi giorni si è rivelata la mossa per scoprire che Costruttori e Responsabili erano un bluff.
Poi gli sono bastate 48 ore per dare un impulso decisivo alla crisi. Con saggezza ha sfruttato la contingenza e dato l’incarico esplorativo al Presidente della Camera (esponente della maggioranza) anziché del Senato (seconda carica istituzionale ma esponente dell’opposizione) come nell’aprile del 2018, la ragione sembra stare nei limiti del mandato assegnato.
Non ricordo mandati esplorativi concessi dal Capo dello Stato a chicchessia nel quale si prevedesse che l’esploratore fosse vincolato a verificare la possibilità di un governo con i soli partiti della maggioranza precedente che vorrebbe dire governo giallorossi & C e nessuna maggioranz istituzionale, di larghe intese o Ursula.
Che sia un assist a Conte? forse, o forse no, perché in caso di fallimento del Presidente della Camera le elezioni rimangono extrema ratio, soprattutto ma non solo, per il Presidente Mattarella. Ergo il PD dovrà sperare che Conte ingoi il rospo, trovi modo di accontentare l’ego di Renzi e le esigenze politiche di Italia Viva e convinca gli oltranzisti del M5S a ballare di nuovo col diavolo.
Ma a Renzi potrebbe non bastare e chiedere un Governo giallorosso discontinuo, insistendo su Di Maio premier, come potrebbe non bastare ai Di Battista-Boys. In ambedue i casi tutto rischierà di saltare. A quel punto la democristianità di Renzi avrebbe trionfato perché Mattarella si troverebbe di fronte ad una scelta obbligata dall’extrema ratio delle elezioni anticipate ossia al Governo istituzionale, di salvezza nazionale, larghe intese o quant’altro.
A questo punto Conte diventerebbe irrilevante perchè la maggioranza di governo avrebbe obbiettivi emergenziali: crisi sanitaria, emergenza economica, riforma istituzionale, legge elettorale, nell’ordine.
In questo contesto il Centrodestra farebbe parecchio rumore ma alla fine dovrebbe rassegnarsi e giocare le sue carte per farsi sentire nell’elezione nuovo Capo dello Stato e sulla legge elettorale. Quanto alla riforma istituzionale non sembra ci sia tempo e voglia, a meno di recuperare la riforma Renzi adeguatamente camuffata……ma sarebbe troppo.