Ricordi di una testa matta, viaggio oltre l’innocenza

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Carabinieri complici acquistano sigarette di contrabbando, esperti femminielli favoriscono la ricettazione di rossetti e ciprie rubati alla Standa, Carmela, la madre, – con un fratello in carcere per omicidio e già a Poggioreale nel 1971 perché “si rubava la luce dalla strada per non restare al buio” – con tenerezza rimprovera il figlio mariuolo Sasà ma fa suoi i codici di sopraffazione dei disperati dei Quartieri Spagnoli . “Teste matte”, il racconto autobiografico di Salvatore Striano, scritto con il regista Guido Lombardi, sin dalle prime pagine denuncia la vera emergenza di Napoli: la dispersione scolastica e la mancanza di lavoro. Adulti indifferenti in una città che non riesce a farsi scuola nei rioni, nelle piazze, per le strade come l’antica Atene, ma si propone quale palestra di criminalità. Ne sono testimonianza l’apprendistato malavitoso di Sasà ai Quartieri Spagnoli, negli anni Ottanta, ove dominava il clan Viviani, e il recente omicidio di Genny, alla Sanità, attribuito a una faida tra le “paranze di bambini” che legano in un intreccio di sangue tutti i quartieri della città. Il Sud è abbandonato. I bambini, Sasà e suo cugino Totò, colpevoli di furti, raggiri, contrabbando sono l’emblema di un’infanzia negata. Urlano vendetta contro uno Stato indifferente ai soprusi e fanno propria la legge della strada “Miezz’a via se non fai prepotenze, le subisci”. Si ribellano al dominio dei clan sulla povera gente, si mettono in proprio nel traffico di cocaina e danno vita alla prima vera scissione nella storia della camorra napoletana. Nell’incoscienza di un’innocenza assoluta, le “teste matte” spadroneggiano con il loro grilletto facile. Vite bruciate dalla camorra “che fa schifo” e si nutre di violenza e omertà. Dopo anni di latitanza, col rischio di finire sparato, e otto anni di carcere, Striano ha ripreso a vivere recitando nel film “Gomorra” di Matteo Garrone e in “Cesare deve morire” dei Fratelli Taviani. Ora sogna di recitare con Robert De Niro e di combattere con le “armi della cultura”. Per il sindaco Luigi de Magistris, che ha partecipato alla presentazione del libro, la riabilitazione consente di seminare i valori della giustizia tra i figli del popolo, di smitizzare l’immagine di una gioventù votata alla devianza e di correggere i comportamenti borderline tra legalità e illegalità. Napoli è la città ove puoi sprofondare negli abissi più neri ma anche rinascere.