Vita e morte si affrontano in un prodigioso duello Wanda Marasco e La compagnia delle anime finte

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Dopo L’arciere d’infanzia e Il genio dell’abbandono, Wanda Marasco torna con La compagnia delle anime finte (Neri Pozza Editore), ultimo tassello di una tetralogia, ed è già tra i dodici finalisti al Premio Strega 2017. La voce narrante è quella di Rosa che ripensa al passato della sua famiglia, dal Dopoguerra in poi, dopo la morte della madre. Il corpo è là, disfatto dal tempo, ma Vincenzina Ombriello rivive nella memoria e nei ricordi di sua figlia: l’infanzia povera in nell’arida campagna di Villaricca, l’incontro, tra le macerie del dopoguerra, con Rafele, erede di una famiglia borghese reclusa nelle stanze oscure di un appartamento in via Duomo, il prestito a usura praticato nei vicoli e nei quartieri affollati. Vita e morte si affrontano in un prodigioso duello e lo scontro evoca verità e finzione, coraggio e paura, brutalità e amore, passato e presente, colpa ed espiazione. Un grande affresco in cui la scrittura intensa dell’autrice dipinge storie e sentimenti. Attraverso un brillante contrasto di luci e ombre ogni vicenda ha un suo rilievo particolare che contribuisce a esaltare la drammaticità dell’impianto narrativo. Accanto a Rosa e Vincenzina, Annarella, amica dell’infanzia e dell’adolescenza, Emilia, la ragazzina che «ride a scroscio», il maestro Nunziata, Mariomaria, «la creatura che ha dentro di sé una preghiera rovesciata», Iolanda, la sorella “bella e stupetiata”, Rafele e sua madre Lisa Camparini, matriarca della famiglia Maiorano, Filomena, la bimba morta il cui fantasma aleggia nella casa. Come per un dipinto caravaggesco il lettore è rapito dalle immagini che possiedono una straordinaria vividezza nella brutalità di quelle emozioni messe a nudo. La luce della narrazione colpisce con potenza, rende plastici i personaggi e forti i contrasti; “un raggio polveroso e metafisico” che congiunge l’alto e il basso, la collina di Capodimonte e il centro della città, il mondo borghese e quello contadino, l’interiorità umana e l’anelito a sollevarsi, a liberarsi dalla gravità psicologica e psichica. Un dualismo di chiari e scuri che cerca di afferrare il senso dell’essere al mondo. I dettagli sono svelati senza cercarne la bellezza, eppure creano poesia, figure e vicende, emergono con straordinaria forza espressiva. Le scene sono narrate in primo piano e garantiscono la piena partecipazione emotiva del lettore che si trova coinvolto nelle azioni dei protagonisti, catapultato nello spazio del racconto, in quella Napoli che è un affascinante palcoscenico a cielo aperto, emblema di una realtà universale. Tutto è fuso in un unico atto creativo da una lingua ricchissima e teatrale, senza essere barocca o forzata. Il risultato è una raffigurazione d’insieme in cui i protagonisti sono anime finte, volti in maschera di un triste spettacolo, simulacri alla continua ricerca dentro il divenire.

 

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