Torna a Napoli l’Arte del pensare grazie alle Conversazioni di filosofia della Fondazione Guida alla Cultura

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di Fiorella Franchini

Si è conclusa a fine maggio la prima edizione di “Conversazioni di filosofia”, una tre giorni al teatro Sannazaro in via Chiaia con ingresso gratuito, dedicata al tema “Empatia e conflitto”. Una tradizione di pensiero più che bimillenaria, quella napoletana, che ha consegnato alla storia alcuni tra i più grandi filosofi dell’umanità, dalla scuola posillipina di Sirone a San Tommaso d’Aquino, passando per i grandi filosofi naturalisti del Rinascimento Giordano Bruno, Telesio e Campanella, che a Napoli si formarono, fino a Gian Battista Vico e poi i protagonisti del Settecento, Pagano, Filangieri e Galiani, il “filosofo napoletano per eccellenza Benedetto Croce e ai nostri giorni, Gerardo Marotta, Ernesto Paolozzi e Aldo Masullo. La Fondazione Guida alla Cultura ha avviato un progetto a lungo termine sul ruolo della città capitale del pensiero contemporaneo, ha dichiarato Diego Guida che ricorda anche le duemila pubblicazioni dell’omonima casa editrice tra autori classici, moderni e contemporanei in 100 anni di attività editoriale. L’iniziativa ha riscosso un ampio successo, segno che esiste un profondo bisogno di oltrepassare l’esperienza immediata per cogliere qualcosa di più, per superare la difficoltà di non avere risposte e spiegazioni, un forte desiderio di prendersi cura della verità e avere relazioni migliori. La filosofia serve a saperlo cercare il vero, con un lavoro del nostro pensiero che non è un’intuizione immediata, ma richiede esercizio continuo. Il comitato scientifico del festival composto da sole donne, la direttrice Anna Donise, filosofa morale all’Università di Napoli Federico II, le filosofe Stefania Achella dell’Università degli Studi di Chieti-Pescara G. D’Annunzio e Carola Barbero dell’Università degli Studi di Torino, omaggio al pensiero femminile, ha scelto il tema dell’empatia. Si tratta di un’abilità sociale che rappresenta uno degli strumenti di base della comunicazione interpersonale, principale porta d’accesso agli stati d’animo e, in generale, al mondo dell’altro, per comprenderne punti di vista e sentimenti. L’empatia, ha ricordato il matematico Piergiorgio Odifreddi, è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependo, in questo modo, emozioni e pensieri. Eppure, per quanto naturale, non tutte le attività consentono l’empatia: politica, religione, sport non favoriscono approcci empatici e l’attitudine è ben poco praticata se si analizza la forte conflittualità presente nella nostra società, dalla guerra armata alla violenza di genere fino alla forte aggressività presente sul web che nasconde e amplifica disagi e contrasti, come ha evidenziato Maurizio Ferraris. Colpa della tecnologia? Nient’affatto, la recente pandemia ha dimostrato che è l’uomo ad essere litigioso, razzista, prepotente, precisa il filosofo che nel suo ultimo libro Documanità. Filosofia del mondo nuovo, edito da Laterza, teorizza una connessione sistematica e indissolubile dell’uomo con la tecnologia, proponendo piuttosto una Umanità tecnologica e una Tecnologia umanista alleate per affrontare un “mondo nuovo”. La scoperta dei neuroni specchio sembra aver provato che l’empatia è un fatto fisiologico e che l’uomo è empatico per natura, ma siamo sicuri che sia un vantaggio? Siamo sicuri che sentire le impressioni e i vissuti degli altri ci porti inevitabil¬mente alla compassione e a impulsi positivi? E l’empatia con i cattivi? A questi interrogativi ha risposto la neuropsicologa Paola Marangolo che ha riflettuto su un meccanismo che appare di natura essenzialmente motoria, molto antico dal punto di vista dell’evoluzione umana, caratterizzato da neuroni che agirebbero immediatamente prima di ogni elaborazione più propriamente cognitiva. Insomma, psicologia e scienza si coalizzano per aiutarci a conoscerci meglio. Nell’ultimo incontro, Carmen Barbieri, attrice e narratrice, ha messo in evidenza lo stretto rapporto tra narrazione e stato mentale e quanto questa relazione sviluppi e mantenga attiva “la nostra capacità di avere una teoria della mente” e di essere empatici. Diversi studi hanno confermato che racconti, romanzi, film, serie televisive sono frammenti di coscienza che passano da una mente all’altra influenzando la nostra evoluzione come esseri sociali. La letteratura è una palestra d’empatia e i libri aprono varchi nei nostri muri mentali, “buchi attraverso cui riusciamo a intravedere l’altro” ha affermato la scrittrice turca Elif Shafak. Seguendo le vicende dei personaggi immaginari, ci identifichiamo con loro e questo esercizio ci fa diventare più bravi a capire le sensazioni e gli animi delle persone reali. Una disciplina nascente, le neuroscienze letterarie, si propone di scoprire che cosa succede nella nostra testa quando leggiamo. Pare che ogni pagina letta costruisca sinapsi tra le cellule nervose creando una rete di ponti tra i neuroni. Con la lettura si formano pensieri nuovi che modellano la nostra identità e la nostra cultura. Le conversazioni di filosofia ci lasciano con tanti quesiti e poche soluzioni; d’altra parte l’arte del pensare non è un sapere, piuttosto l’atteggiamento di chi dubita di ogni concetto che sembra immutabile. A noi resta l’unica certezza, quella del paradosso socratico del non sapere, la consapevolezza di una conoscenza non definitiva che diventa però motivo fondamentale del desiderio di conoscere, e con questa voglia intellettuale attendiamo la prossima edizione.