Constantin Migliorini: tre domande sull’Arte

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In foto Constantin Migliorini

L’occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

di Azzurra Immediato

L’Occhio di Leone incontra l’artista toscano Constantin Migliorini per porgli le consuete tre domande che, da qualche tempo, la rubrica ha deciso di scegliere come mezzo di dibattito aperto. Migliorini, ben noto in Italia e all’estero, in special modo in Oriente, nel 2019 è stato tra i pittori protagonisti del festival VinArte, in Campania, ove, attraverso le sue opere, ha potuto ampliare quel concetto di ‘figurazione umana e suo doppio’ sul quale, parte della sua ricerca si incentra. Una serie di opere, infatti, poste in punti chiave della antica Chiesa Ave Gratia Plena di Guardia Sanframondi (Bn), ha intessuto una trama materica e filosofica di profonda riflessione, legata, certamente al tema della rassegna Vinalia ma anche all’atmosfera del luogo, la sua storia e la sua rilettura in chiave contemporanea. “Constantin Migliorini ha scelto la pluralità della figura, la molteplicità di un canto della forma che riesca a generare un codex capace di sopravvivere alla propria consistenza” si leggeva nel catalogo di VinArte e quel medesimo itinerario estetico, oggi, si ritrova nelle sue parole qui si seguito.

1. Che cos’è l’arte?

La sua funzione è di alimentare lo spirito, elevare l’uomo dalle sue miserie per trasportarlo in altri lidi sensoriali, questo è ciò che mi viene d’istinto pensare, perché oltre la sua funzione comunicativa e di testimonianza, così grande è la sua estensione concettuale e pratica, che in quest’epoca super tecnologica, spiegare cosa sia l’arte oggi, risulta ancora più difficile. Detto ciò, per me è una semplice esigenza, come l’aria che respiro, talvolta tossica si, ma necessaria, capace di riempire dei vuoti esistenziali, proprio come il pane che satura la fame, in un gioco faticoso di costruzione estetica entusiasmante, tra idee e pratica, con un continuo inseguire delle Chimere che frullano in testa, ma che mai si potranno raggiungere ed acchiappare, avendo la ripetuta illusione durante l’atto creativo di fare qualcosa di straordinario, ma alla fine rimane solo un modo come un altro per dimenticarsi del tempo che ci è concesso di vivere. Si perché il processo creativo, è l’essenza dell’arte stessa, così imprevedibile e sovversivo da poter dar vita alla vita, generandola dal niente, capace di suggerire delle verità, che spesso sono dubbi che alimentano altri dubbi, ma che riempiono di senso il quotidiano, perché l’arte è una grande affascinante bugia che aiuta a capire un po’ di più le nostre esistenze.

2. Gli artisti cosa si aspettano dai mediatori culturali, dai galleristi, critici, curatori e giornalisti?

Non posso pretendere di parlare per una categoria, non sono un sindacalista, ma ciò che mi aspetterei è una maggiore attenzione e rispetto per la figura dell’artista, anche se la parola ‘artista’ è talmente inflazionata nella nostra società mediatica digitale, che la frase di Longanesi “l’arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere chiamati” risulta essere perfetta. Sappiamo che il mondo del mercato dell’arte è altamente competitivo ed è costituito da diverse figure professionali , che in maniera sinergica collaborano per poter promuovere, sostenere e vendere un determinato elaborato artistico, che l’artista ha creato. Quindi in una scala piramidale l’artista dovrebbe essere collocato in alto e sotto tutti gli altri e non il contrario come talvolta avviene. D’altro canto un artista senza l’alleanza con un gallerista, non avrebbe la possibilità di vendere e per vendere ci vuole anche il supporto di un critico che possa scrivere ed appoggiare quella tipologia di arte e per far ciò, ha bisogno che ci sia risonanza sui media, sui giornali settoriali e non, altrimenti l’artista isolato, anche se pur valido e geniale, non arriva a contare niente, perché non sarà riconosciuto , pertanto verrà ancora più emarginato, perché nessuno avrà interesse (soprattutto economico), ad investire su di lui. Sono i meccanismi crudi e duri del marketing e la capacità di promozionale e relazionale sono valori che nella contemporaneità contano più del talento creativo stesso. Certo che ci possono essere eccezioni, ma di sicuro il genio di Michelangelo non avrebbe avuto l’opportunità di esprimersi così come lo conosciamo, se non fosse stato appoggiato da una famiglia potente culturale ed economica di influencer come quella dei Medici ed oggi molto probabilmente non avremmo visto la Cappella Sistina, ma semmai un piccolo affresco in un tabernacolo di qualche chiesetta di provincia.

3. Che cosa prospetta il panorama artistico oggi, secondo te?

È difficile decifrare il panorama artistico contemporaneo, anche il mondo culturale è globalizzato e tutto è rimescolato in un continuo divenire caotico. Nessun valore che possa far da timone, tutto diviene opinabile e qualsiasi linguaggio o gergo visuale ha facoltà di potersi esprimere e trovare spazi . Tutto ciò è tipico delle società fluide pluri-democratiche, dove le frammentazione , la contraddizione , la provocazione dei linguaggi creano tante piccole comunità a sé stanti di eletti, spesso autoreferenziali, fatte di artisti, collezionisti, galleristi, curatori e curiosi. Esistono grandi potenze culturale ed economiche come case d’aste o fondazioni museali internazionali, che decidono e influenzano le tendenze, quale tipo di arte o quel taluno artista, facendone lievitare i prezzi di mercato, perché conoscono e dominano i meccanismi e proprio come in borsa , scommettono, rilanciano, vendono. Per loro l’arte è una buona forma di investimento economico. Nonostante la loro riuscita del controllo del gusto e dell’amplificazione mediatica ed economica, l’arte rimane e rimarrà un settore di nicchia, come sempre è stato nella storia, ma sempre più spesso il grande pubblico spesso diserta le grandi mostre di arte contemporanea, perché il linguaggio prevalentemente cerebrale ai limiti dell’autismo, serrato, incomprensibile, autoreferenziale provocatorio, insomma eventi mondani di filosofia minima del nulla, non vengono capiti, e a malapena ne percepiscono il senso anche gli addetti ai lavori stessi. a quel che conta è esserci, stare nello star system, partecipare al grande circo mediatico. Non entro nel merito, ogni artista deve essere coerente con le proprie sensibilità e pensieri, esprimendosi come meglio crede, senza però pretendere scalate di successo a tutti costi con il rischio di perdere se stesso, pensando di adeguarsi al modo operandi che va più in voga in un determinato periodo o facendosi influenzare da qualcuno più famoso di te. Riguardo questo, consiglio un bel film di Takeshi Kitano dal titolo ‘Achille e la tartaruga’ che ogni artista dovrebbe vedere per capire il mondo dell’arte ai nostri tempi, per non caderne mai in tentazione e non prendersi mai troppo sul serio.

Constantin Migliorini si conferma non già e non solo un artista attento al proprio tempo, ma il suo sguardo, certamente eclettico e colto – non dimentichiamo che Egli è anche docente d’arte – sviluppa una plurima visione, che si contrae e si amplia attraverso la memoria, la conoscenza e la loro ricostruzione per ripetizione ma anche per narrazione peregrina tra universo conscio e substrato inconscio. Oltre le sue grandi tele, oltre il suo interrogare le invisibilità umane e d’animo, l’artista di Poggibonsi (Si) origina quanto definisce ‘sovversivo’ nel senso più filosofico del termine. In un momento come quello che stiamo vivendo, la capacità dell’arte di Constantin Migliorini si pone in una posizione di riflessione privilegiata, il cui interrogarsi dovrebbe spingere anche i lettori a chiedersi cosa accadrà dopo questi nostri giorni di stasi. Nella coerenza che certamente lo distingue, in un panorama sicuramente non solo ‘accademico’, è da ricercare il lume di una ragione capace di pensare attraverso l’arte non in maniera effimera, ma hic et nunc per saper guardare al passato e intravvedere il futuro. Dinanzi alle sue opere, ci si accorge di quanto Egli apra un serrato dialogo con l’altro da noi, a partire da iconici archetipi, per giungere, attraverso un sapiente percorso, ad un limbo atemporale, ambientato in stranianti non-luoghi, portando l’osservatore a guardare in un altrove misconosciuto, in cui, ragionando, oggi, ci troviamo.