Eterna Transizione, eterna confusione: da Urso (e dalla destra) mi aspetto di più

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in foto Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy (Imagoeconomica)

di Ninni De Santis*

Parliamo di Industria 4.0, divenuta nel corso degli anni Transizione 4.0 e da quest’anno Transizione 5.0. Ma il comune denominatore è confusione totale e netta separazione tra corpi dello stato: chi dà sostegno e chi (con la forza e la minaccia) se lo riprende.
Ad oggi sono infatti numerose le sentenze che, nell’ambito di un contenzioso connesso al recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate del credito in R&S, danno ragione al Contribuente rispetto alle contestazioni sollevate dall’ente accertatore. Peraltro il Mimit sta provando a correre ai ripari introducendo (tardivamente) una certificazione scientifica che mette al riparo le aziende che hanno sottoposto le proprie attività a centri di ricerca o università. È stato infatti firmato il 19 settembre 2023 il dpcm che prevede le regole che le imprese dovranno seguire per richiedere la certificazione delle attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e ideazione estetica per accedere in sicurezza ai benefici previsti dal credito d’imposta. Il decreto dispone anche i requisiti che dovranno avere i soggetti che intendono iscriversi all’Albo dei Certificatori. Tale piattaforma è stata finalmente avviata a febbraio del 2024 e si prevede che solo per maggio 2024 potrà essere utilizzata.
Il filone giurisprudenziale che si sta consolidando ammonisce il fisco in merito ad una serie di aspetti tra cui l’assenza di adeguate competenze tecniche ed il correlato mancato coinvolgimento del Mise ora Mimit, l’erronea interpretazione dei manuali di Oslo e Frascati ante 2019 alla luce soprattutto dell’assenza di una traduzione giurata in lingua italiana fino al 2022 ed il pressoché automatico inquadramento delle violazioni nell’ambito della fattispecie di credito inesistente e non del credito non spettante, con i conseguenti rilevanti aspetti sanzionatori. Veniamo alla prima che appare ormai scontata. I giudici delle varie CTP hanno ritenuto che l’atto di recupero del credito d’imposta emanato dall’Ade in assenza di parere tecnico del Ministero (ex Mise) è illegittimo (cfr tra le tante Ctp Ancona del 11/8/21 n° 392, CTP Vicenza del 9/7/21 nà 365, Ctp Napoli del 2/5/22 n° 5918 e la sentenza n. 7271/36/22 dell’11/07/2022). Il riferimento nelle argomentazioni delle CTP è costantemente l’eccesso di potere dell’Amministrazione finanziaria non essendo quest’ultima dotata delle conoscenze tecniche necessarie per valutare l’attività e le spese sostenute dai contribuenti e di conseguenza per verificare la sussistenza dei presupposti previsti dalla norma. Nello specifico secondo la Ctp di Roma (sentenza n° 5918/2022) sebbene l’acquisizione del parere Mise sia una facoltà e non un obbligo, in assenza di quest’ultimo l’Ade non avrebbe potuto procedere al recupero del credito a fronte di problematiche di grande complessità tecnica e delle certificazioni prodotte dal contribuente. Gli stessi giudici di merito hanno inoltre affrontato un ulteriore profilo critico sul tema relativo alle fonti di diritto che individuano la nozione di “innovazione”.
Sia la Ctp di Roma che quella della Ctr della Valle d’Aosta (sentenza 22/2022)) hanno infatti rilevato che i documenti di prassi emanati dall’Amministrazione finanziaria fino al 2018 ai fini della corretta fruizione del credito, fanno riferimento al concetto di “Innovazione” così come definito dal manuale di Oslo che, a differenza di quanto rappresentato nel manuale di Frascati non richiede l’apporto di un beneficio per una intera categoria economica.
In ossequio a quanto previsto dal manuale di Oslo sarebbe sufficiente che il prodotto (oggetto del progetto) sia nuovo o, in alternativa significativamente migliorato per la singola azienda e non per l’intero mercato.
Le caratteristiche salienti dell’innovazione sono la novità, ossia che il prodotto, il processo o il servizio devono essere nuovi o migliorati, e l’implementazione che prevede l’introduzione del prodotto innovativo nel mercato o l’utilizzo del processo nella azienda. Al fine di una corretta fruizione del credito d’imposta è pertanto fondamentale inquadrare il grado di significatività dell’innovazione apportata e della relativa distinzione con le attività di routine o di normale sviluppo di prodotto e con le ordinarie attività dell’impresa.
Anche la precedente sentenza n. 46 del 2021 del Tribunale provinciale di Aosta, con cui è stato sancito che ai fini della corretta fruizione del credito R&S, l’innovazione relativa all’investimento può consistere anche nell’adozione di conoscenze e capacità esistenti che comunque apportano una novità per l’impresa. Non deve, quindi, necessariamente trattarsi della creazione di nuove conoscenze nel settore di appartenenza.
Solo a partire dal 2018 il Mise ha precisato che la fonte interpretativa per la corretta applicazione del Credito d’imposta R&S fosse il manuale di Frascati, mentre per l’Ade il riferimento al manuale di Frascati sarebbe stato implicito da sempre.
Sul punto i giudici di merito della valle d’Aosta rilevano che seppur la disciplina normativa sopravvenuta riguardi la medesima tipologia di investimenti non è possibile una applicazione retroattiva della stessa non trattandosi di una norma di interpretazione autentica. Infine in ragione della disciplina molto poco chiara e resa tale proprio da questi continui interventi interpretativi discutibili sia in ordine al perimetro di applicazione che in ordine alle modalità di determinazione del quantum agevolabile, i Giudici hanno statuito che le sanzioni potrebbero essere irrorate unicamente nei casi in cui il contribuente abbia posto in essere un comportamento fraudolento (leggasi false fatturazioni).
Il Manuale di Frascati (Guidelines for collecting and reporting data on research and experimental development), è estraneo all’ordinamento giuridico italiano perchè redatto in lingua straniera e come tale non può essere utilizzato per verificare il requisito di novità delle spese agevolabili.
I documenti di prassi pubblicati in data successiva all’utilizzo del credito d’imposta non possono esplicare efficacia, (si riferisce alla Circolare del Mise del 09.02.2018 n. 59990, alla Risposta 188/2021 ed alla Risoluzione n.40/E del 02.04.2019, secondo le quali le uniche attività di ricerca e sviluppo agevolabili sarebbero “quelle che si rendono necessarie, nell’ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili”, mentre, al contrario, non lo sarebbero quelle “che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell’arte)”.
Le uniche fonti utilizzabili per l’atto di recupero sono solo il decreto legge 23 dicembre 2013 n. 145 ed il d.m del 27.05.2015.
La sentenza chiude la propria motivazione ricordando che le valutazioni di carattere tecnico-scientifico richiedono il possesso di una serie di conoscenze che non attengono alle materie trattate dall’agenzia delle Entrate, questione già espressa dalla Corte di Giustizia Tributaria di Rimini nella sentenza 99/2023.
La conoscenza da parte dell’Ade di tali informazioni dovrebbe consigliare la PA di evitare contenziosi che la vedono nella maggior parte dei casi (escluso quello di frode naturalmente) soccombente, con l’aggravio di porre l’azienda in una situazione di angoscia aggiuntiva a quella sempre corrente nel mondo delle imprese.
Come dimostrano infatti le decine di sentenze delle Ctp provinciali (e del tribunale di Aosta) sul concetto di Novità contestato sistematicamente (senza competenze) dalle Ade nei controlli ci sono evidenze che dimostrano che la novità deve essere presente nei processi aziendali attraverso l’utilizzo delle tecnologie abilitanti di industria 4.0 o di nuovi processi e di nuovi prodotti “per l’azienda” e non necessariamente assoluta come prevede il manuale di Frascati.
Peraltro sempre in queste sentenze si rileva che lo stesso è stato introdotto nella legge Transizione 4.0 a partire dal 2020 unitamente a quello di Oslo per l’innovazione, dando praticamente atto che fino al 2019 R&S ed Innovazione erano entrambe ammesse al contributo. Infatti la distinzione tra le due aliquote è stata introdotta dal 2020.
Se l’intento del Mimit è quello del recupero di somme dal sistema delle imprese non tenendo conto dei diritti acquisiti e delle ragioni su esposte – peraltro validate da tribunali e Ctp/Ctr utilizzando la forza sproporzionata dello stato ed i suoi mezzi di convincimento (Ade, guardia di Finanza e Pm) – va benissimo quello che si sta facendo.
Ma non è quello che mi aspetterei da una parte politica che si professa pro impresa (come dice il premier), liberale e che non dovrebbe prediligere le vessazioni del fisco alla base (teorica) delle riforme in corso.
Se invece si vuole dare senso ai propri proclami il Mimit dovrebbe:

  • Dichiarare che il Manuale di Frascati è riferimento normativo solo dall’annualità 2020 in poi e invitare l’ADE e la magistratura a comportarsi di conseguenza
  • Richiedere all’ADE una sospensione delle attività di controllo sulle attività di R&S ed Innovazione in attesa della disponibilità che il MIMIT offre attraverso la costituzione dell’Albo dei certificatori e di avere il tempo di sottoporsi a Due Diligence per ottenere l’approvazione da parte del MIMIT sul proprio operato
  • Prorogare la possibilità di riversamento da parte delle imprese di quanto indebitamente percepito a sei mesi successivi alla possibilità di utilizzo della Due Diligence, così da ottenere (o meno) il bollino blu previsto dalla norma.

Parliamo ora di transizione 5.0 che se possibile sta diventando una babele perggio del bonus R&S. Difatti – immagino per poter utilizzare i fondi del repower Eu – l’introduzione del risparmio energetico ha trasformato una norma semplice utilizzata moltissimo dalle aziende e che ha prodotto investimenti dalla sua introduzione dai 3 ai 6 miliardi di euro annui con evidenti benefici per il sistema paese e per la crescita del PIL, in una norma inutilmente complicata con passaggi che a soli 18 mesi dalla fine del possibile utilizzo ancora non sono stati decretati. Questo renderà pressochè impossibile il compimento degli investimenti.
Inoltre la norma si riferisce solo agli investimenti in beni strumentali e non a quelli in R&S o Innovazione che quindi mantiene percentuali di rendicontazione talmente basse quali il 10% (per il mezzogiorno non ci sono riferimenti di proroga della percentuale maggiorata fino al 45%) che non saranno assolutamente di interesse per le aziende.
Questo dopo aver assistito ad incrementi storici dell’aumento dei brevetti in Italia suona come uno scandalo a chi si occupa di innovazione e digitalizzazione nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale e delle Robotica appare davvero incomprensibile.

Proponiamo al mimit i seguenti punti che mi sembrano ragionevoli in termini di finanza pubblica:

  • Reintrodurre la percentuale del 50% di contributo come per l’annualità 2019 a progetti di R&S e del 20% su Innovazione sui costi rendicontati con delle griglie chiare ad esempio:
  • Gli investimenti in R&S non possono superare il 20% del fatturato aziendale l’anno precedente all’investimento da rendicontare ed il contributo massimo non può superare il 15 per cento del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione (riferimento a quanto previsto per le startup innovative). Il limite massimo è comunque di 4 milioni di euro (come ora)
  •  Non possono impiegare oltre il 20/30% del costo del personale annuo (escluso start up e pmi innovative)
  • Che per chi intenda sottoporsi a certificazione attraverso i soggetti iscritti all’apposito albo Mimit per evitare controlli successivi, sarà possibile compensare i costi di certificazione contabile, tecnica ed universitaria, così da non produrre una perdita secca alle aziende.

Ma purtroppo la realta è quello di uno stato che favorisce le imprese con la mano destra e poi si riprende i soldi con la mano sinistra.  La destra dovrebbe fare la (mano) destra!

*presidente Abie/Confindustria Digitale