Grecia e Job report in primo piano

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A cura di Antonio Arricale Proseguono al rialzo i listini statunitensi in vista dei dati sui non farm payrolls di oggi. Le attese (ora a +230 mila nuovi posti di lavoro) si A cura di Antonio Arricale Proseguono al rialzo i listini statunitensi in vista dei dati sui non farm payrolls di oggi. Le attese (ora a +230 mila nuovi posti di lavoro) si sono ridimensionate un po’ dopo i dati di ieri sulle stime ADP, che hanno mostrato la crescita più debole da settembre scorso (+213 mila nuovi posti). Anche l’ISM non manifatturiero ha contribuito ad alimentare dubbi in tal senso. Sebbene le figure di gennaio abbiano mostrato una crescita inattesa, la sottovoce del mercato del lavoro è scesa in maniera importante, arrivando ai minimi da quasi un anno, al ridosso della soglia dei 50 punti. Qualche spiraglio positivo è arrivato dalle nuove richieste di sussidi settimanali di disoccupazione che sono cresciute meno delle attese. Al di là dei singoli numeri, gli operatori terranno sotto osservazione la crescita dei salari, che se dovesse continuare a rallentare, potrebbe alimentare nuove aspettative su uno slittamento del rialzo dei tassi di interesse. Ieri i listini europei hanno chiuso in calo, seppur lontano dai minimi di seduta. Sulle borse del Vecchio Continente ha pesato – come si sa – la decisione della Bce di ieri sera di sospendere la possibilità di accettare i titoli di Stato ellenici come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento presso l’Istituto centrale. La decisione – si spiega nel comunicato che ha accompagnato la decisione – è stata presa alla luce delle maggiori incertezze emerse negli ultimi giorni sulla riuscita del piano di aiuti deciso con la Troika. Certo è che appare molto strano che una Banca centrale tolga il sostegno a un Paese proprio in un momento di difficoltà. La decisione ha evidentemente un carattere puramente politico. La Banca centrale ha voluto mettere un po’ di pressione al Paese, invogliando il neo governo a scendere a compromessi con la Troika. E se la Bce si è spinta a tal punto è perché, evidentemente, non teme ripercussioni pesanti sui mercati. In ogni caso le banche greche a corto di liquidità non potranno più partecipare alle aste di rifinanziamento principale, ma potranno accedere ai fondi di emergenza ELA (Emergency Lending Assistance) il cui rendimento è dell’1,55% (contro lo 0,05% del REFI rate). Secondo alcune fonti, infatti, la Bce avrebbe già messo a disposizione del sistema bancario ellenico fino a 60 miliardi di euro di fondi ELA, che la Banca centrale greca distribuirà a chi ne farà richiesta. Una decisione che dovrebbe prevenire il fenomeno della corsa agli sportelli. I listini greci hanno terminato la seduta in negativo (circa -3%), ma in netto recupero dai minimi di seduta (-10%). Le principali banche hanno comunque messo a segno una performance negativa del 15% circa. Nuovo intervento della Banca centrale danese sui tassi di interesse. E’ il quarto dalla metà di gennaio. L’Istituto centrale ha portato il tasso sui depositi delle banche a -0,75% da -0,50%. La corona danese si è immediatamente indebolita contro l’euro. La Danimarca – come si sa – ha in essere un tasso di cambio fisso contro la valuta europea. Il cross può variare all’interno di un corridoio del 2,25% al rialzo o al ribasso da una parità centrale di 7,46038 corone per euro. Il peg danese è finito sotto la lente d’ingrandimento dei mercati dopo la caduta della soglia di 1,20 nel cambio euro/franco svizzero, la cui difesa è stata abbandonata improvvisamente dalla Banca nazionale svizzera (Snb). La Banca centrale danese si trova ad affrontare ora problemi molto simili a quelli dell’Istituto centrale svizzero. A gennaio, in particolare è stato registrato un incremento a livelli record delle riserve in valuta estera. Il mercato sta quindi mettendo sotto pressione Copenhagen dopo aver costretto alla ritirata la Snb. Borse asiatiche Mercati azionari asiatici misti in chiusura di settimana. A Tokyo il Nikkei ha terminato le contrattazioni in crescita dello 0,82% a quota 17648, marginalmente positiva anche Seoul che ha guadagnato lo 0,14% mentre Hong Kong si muove sotto la parità (-0,44%) e Shanghai fa registrare un ribasso più sostenuto attorno ai 2,5 punti percentuali. Il rialzo odierno del Nikkei non ha mutato il precedente quadro grafico dell’indice. I prezzi hanno mandato in archivio una settimana caratterizzata dall’alternanza di sedute dal segno contrario sviluppatesi a ridosso della resistenza opposta dalla parte superiore del canale decrescente che in forza da inizio dicembre, riferimento attualmente in area 17700, che ne sta frenando il rialzo partito a metà gennaio. Il superamento di tale ostacolo ribadito oltre quota 17800 appare necessario per il proseguimento del trend crescente d i fondo, via libera in tal caso verso gli obiettivi ipotizzabili inizialmente in area 18300, massimi del 2007 e poi fino a quota 19000, livello che non viene raggiunto dall’inizio del nuovo millennio. Solo il cedimento dei 17200 punti potrebbe indebolire le prospettive di crescita per i corsi, preludendo al probabile riavvicinamento ai sostegni di medio lungo periodo in area 16300/16500. Sul fronte macroeconomico asiatico da segnalare che la lettura preliminare dell’indice anticipatore del Giappone in dicembre ha segnato un progresso a 105,2 punti dai 103,7 punti del dato finale di novembre (dato più basso dai 102,8 punti segnati nel gennaio 2013), contro attese degli economisti per una lettura a 105,4 punti. L’indice di coincidenza, che sintetizza lo stato attuale dell’economia, è cresciuto a dicembre a 110,7 punti da 109,2 di novembre. Borsa Usa Wall Street ha chiuso la seduta in netto rialzo, in scia al recupero dei prezzi del petrolio e nonostante le preoccupazioni sul caso Grecia. L’indice Dow Jones ha guadagnato l’1,20% a 17.884,88 punti, l’S&P500 è salito dell’1,03% a 2.062,52 punti mentre il Nasdaq è avanzato dell’1,03% a 4.765,10 punti. Europa Le borse europee chiudono sostanzialmente piatte il day-after la decisione della Banca centrale europea di non accettare più in garanzia i titoli di Stato greci nelle sue aste di liquidità. A Parigi il Cac40 ha terminato a 4.703,3 punti (+0,15%), Londra ha chiuso a 6.865,93 (+0,09%) e il Dax si è fermato a 10.905,41 (-0,05%). La performance peggiore è risultata quella dell’Ibex, sceso dello 0,4% a 10.535,5 punti. Secondo le stime di inverno della Commissione europea il Pil della Zona Euro nel 2015 crescerà dell’1,3%, contro il +1,1% precedente, mentre per il dato relativo l’anno prossimo dal +1,7 sale al +1,9%. La view sulla disoccupazione 2015 passa dall’11,3 all’11,2 per cento mentre il dato 2016 scende dal 10,8 al 10,6%. In calo anche la stima sull’inflazione che dal +0,8% passa a -0,1% per quanto riguarda l’anno prossimo e dal +1,5 passa al +1,3% nel 2016. Italia Il Ftse Mib segna +0,14%, il Ftse Italia All-Share +0,15%, il Ftse Italia Mid Cap +0,05%, il Ftse Italia Star -0,27%. Piazza Affari ha chiuso in ribasso, ieri, dopo la decisione della Bce di non accettare più dall’11 febbraio i titoli di Stato greci come collaterale per ottenere liquidità, sospendendo di fatto i finanziamenti alle banche elleniche. A Piazza Affari ieri l’indice Ftse Mib ha ceduto lo 0,58% a 20.819 punti. Deboli i titoli del settore bancario: Montepaschi ha ceduto l’1,56% a 12,38 euro, Popolare di Milano lo 0,19% a euro, Intesa SanPaolo l’1,60% a 2,574 euro, Mediobanca il 2,29% a 7,675 euro, Ubi Banca l’1,38% a 6,395 euro, Unicredit lo 0,72% a 5,495 euro. Pesante Enel (-2,97% a 3,916 euro) che nei risultati preliminari del 2014 ha riportato ricavi in flessione del 3,7% a 75,8 miliardi di euro e un Ebitda in calo del 6% a 15,7 miliardi. Il rimbalzo del petrolio, con il Wti che ritornato sopra la soglia psicologica dei 50 dollari al barile, ha sostenuto i titoli legati all’oil: Saipem ha mostrato un progresso del 2,27% a 8,765 euro, mentre Tenaris è avanzata dell’1,90% a 13,36 euro. Forti vendite su Telecom Italia che ha lasciato sul parterre il 3,53% a 0,982 euro, dopo che la Findim di Marco Fossati ha fatto sapere alla Consob di aver ridotto la propria quota nel capitale di Telecom Italia all’1,989% dal precedente 5% circa. Ancora positiva Finmeccanica (+1,66% a 10,07 euro) che si Í spinta fino a quota 10,07 euro. Il titolo del colosso pubblico non oltrepassava la soglia dei 10 euro dal novembre del 2010.


I dati macro attesi oggi Venerdì 6 febbraio 2015 06:00 GIA Indice anticipatore (prelim.) dic; 08:00 GER Produzione industriale dic; 08:45 FRA Bilancia commerciale dic; 09:00 SPA Produzione industriale dic; 10:30 GB Bilancia commerciale (non UE – GBP) dic; 10:30 GB Bilancia commerciale (totale – GBP) dic; 14:30 USA Nuovi lavoratori dipendenti gen; 14:30 USA Tasso di disoccupazione gen.