La basilica benedettina di S. Angelo in Formis: un esempio prezioso di arte bizantina al Sud

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La basilica benedettina di S. Angelo in Formis: un esempio prezioso di arte bizantina nel meridione d’Italia

Non lontano da S. Maria Capua Vetere, inerpicandosi verso il monte Tifata, si raggiunge un vero e proprio tesoro nascosto: la basilica benedettina di S. Angelo in Formis dedicata a San Michele Arcangelo. Sia pure poco conosciuta al grande pubblico, essa, con i suoi numerosi e bellissimi affreschi, è tappa obbligata per studiosi e appassionati di arte romanica. Colori vivaci, stile più propriamente campano alternato ad uno stile tipicamente bizantino, tecniche diverse che si fondono nell’armonia perfetta dell’insieme, fulgido esempio di arte bizantina nel meridione d’Italia.

 

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Il tempio di Diana

Il santuario sorge sui resti di un tempio dedicato a Diana, divinità della caccia: dagli scavi effettuati pare che la basilica ne ripercorra il perimetro, aggiungendo le absidi al termine delle navate. L’attuale piano di calpestio e buona parte del pavimento della Basilica ricalcano quelli del tempio. Diana tifatina era la terza tra le principali divinità capuane, il suo tempio il più illustre della città e l’unico dedicato a lei nella Campania. La sua celebrità non si limitava ai confini della Campania, ma risuonava per l’Italia e oltre come dimostrano le iscrizioni ritrovate in Gallia ed in Pannonia. Il tempio aveva un erario proprio impinguato dalle offerte dei fedeli e da rendite provenienti da numerosissimi possedimenti. Un erario tanto ricco da permettere ai suoi amministratori di restaurarlo, abbellirlo e ingrandirlo in epoche diverse.

La chiesa

La chiesa fu edificata in epoca longobarda, quando, a partire dal IV secolo si diffuse presso quel popolo il culto dell’arcangelo Michele cui essa è dedicata. Nella prima metà del X secolo, il vescovo di Capua, Pietro I, concesse ai monaci dell’abbazia di Montecassino, la chiesa di San Michele Arcangelo, prima detta ad arcum Dianae nei documenti coevi, poi, in quelli successivi,ad Formas,e, infine,Informis, o in Formis.

La chiesa fu poi tolta ai monaci e ridonata loro nel 1072 dal principe di  CapuaRiccardo. L’allora abate Desiderio di Montecassino (il futuro papa Vittore III) decise di ricostruire la basilica (1072 – 1087) rispettandone gli elementi architettonici di origine pagana. 

All’esterno la facciata si presenta preceduta da cinque arcate sostenute da due pilastri di tufo e quattro colonne di materiale e forma diversi, con capitelli corinzi. L’arcata centrale, notevolmente più alta, è ad arco a tutto centro; le altre due sono ad arco acuto di richiamo musulmano. A destra della basilica, su pianta quadrata, alto circa 19 metri, sorge il campanile  formato, in basso, da enormi blocchi di marmo, materiale proveniente dal santuario del tempio di epoca classica.

 

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Gli affreschi

L’interno è a tre navate, con quella centrale larga il doppio delle laterali, secondo il modello architettonico benedettino, ma ciò che rende questa basilica veramente straordinaria è il ciclo di affreschi al suo interno, che si devono proprio all’intervento dell’abate Desiderio, come testimonia il suo ritratto nell’abside della chiesa. Essi ricoprono l’intera superficie delle pareti: episodi del vecchio testamento sono raffigurati sulle pareti laterali, mentre su quelle centrali sono raffigurati brani del Nuovo Testamento, miracoli, parabole, passione e resurrezione di Gesù. Alla basilica lavorarono molti pittori, profondi conoscitori dell’arte e della tecnica bizantina, forse in quanto provenienti da quelle terre, dalla lontana Costantinopoli, o, più prpbabilmente per la collaborazione con maestranze esperte.

Percorrendo la navata – nonostante i lavori di restauro attualmente in corso- si viene come avvolti dagli affreschi e dall’atmosfera profondamente mistica che da essi scaturisce. Volgendo lo sguardo all’altare, l’attenzione è catturata dal Cristo Pantocratore che giganteggia nel catino absidale, circondato dai simboli dei quattro Evangelisti. Nella fascia inferiore, oltre ai tre Arcangeli, è possibile scorgere l’abate Desiderio, raffigurato con il modello della chiesa tra le mani.

L’ambiente raccolto, i colori intensi e l’imponente bellezza degli affreschi, il Cristo raffigurato nell’abside, alfa e omega, rapiscono lo sguardo, catturano i sensi. Il percorso nella navata è un racconto mistico, ma al contempo un invito al pellegrino, così come al laico, a seguire la retta via, nel solco del cammino dei giusti dell’antico testamento che trova testimonianza e conferma nei miracoli e nella vita di Gesù. Un linguaggio di immagini, sensazioni che inducono una suggestione profonda e un’autentica emozione. Un libro senza parole che può essere letto da qualunque visitatore.