Nuove forme di investimento: le “Private equity”

311

Il nuovo presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, nella sua prima relazione davanti l’assemblea degli industriali, ha ribadito quanto importante per l’economia del paese e la sua ripresa sia l’evoluzione delle forme di finanziamento ed investimento delle aziende italiane. In particolare ha esortato le aziende a diventare meno “bancocentriche”, quindi meno debiti e più capitale di rischio, facendo riferimento più volte all’utilizzo del “private equity”. Approfondiamo, dunque, questa operazione finanziaria ancora poco conosciuta ed utilizzata in Italia.

Le “private equity” possono essere definite come delle attività finanziarie in cui un investitore assume rilevanti e durevoli partecipazioni del capitale di imprese terze (definite target), solitamente non quotate, con l’obiettivo di accrescere considerevolmente  il valore delle stesse,  per realizzare una plusvalenza nel momento della dismissione, dopo un periodo di medio-lungo termine. Può considerarsi un investimento di lungo respiro in cui società, usualmente di piccole dimensioni, al fine di garantire competitività contro competitors stranieri molto agguerriti, che operano all’interno di un mercato sempre più proiettato verso l’internazionalizzazione, aprono il capitale delle proprie imprese ad investitori professionali pronti a credere nelle potenzialità e nel progetto dell’azienda.

Gli investitori sono “istituzionali”, ciò vuol dire che sono istituti finanziari specializzati o fondi costituiti appositamente da holding per questo tipo di operazioni. Gli investitori non supportano l’azienda (target) solo tramite risorse finanziarie, bensì anche con competenze finanziare, strategiche, know how tecnologico e manageriale, gestione del marketing, ma soprattutto rete di contatti in ambito nazionale ed internazionale. I fondi hanno una durata prestabilita di 10-15 anni ed il loro raggio di azione consta di due fasi, investimento e disinvestimento. Nella prima parte del private equity il fondo, individuato il target, investe e supporta l’imprenditore, nella seconda fase, raggiunto l’obiettivo di rivalutare l’azienda, il fondo, o vende ad altri fondi che gestiscono il private equity in fasi più avanzate oppure a multinazionali interessate all’azienda.

Gli investimenti in private equity raggruppano un’ampia gamma di operazioni, in funzione sia della fase del ciclo di vita aziendale che l’azienda target attraversa durante l’operazione di private equity, sia della tecnica di investimento usata.

Un altro tipo di operazione finanziaria simile al private equity è il venture capital. La differenza tra le due operazioni sta nel momento in cui l’investitore istituzionale entra nel capitale dell’impresa target:  mentre nella prima vi è un rischio minore poiché l’impresa è già costituita ed ha del potenziale, il venture capital ha un rischio maggiore, difatti, l’impresa in questo tipo di operazioni è una start up. La domanda che ci poniamo è: queste operazioni prenderanno mai piede in modo definitivo in Italia? Lo scopriremo nel prossimo articolo di martedì.