Internet sottomarina per salvare il patrimonio archeologico. A Baia la tecnologia targata Wsense

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di Paola Ciaramella
Sensori, tablet, droni e robot sottomarini che ‘dialogano’ tra loro nelle profondità oceaniche e con gli operatori in superficie, grazie a una rete wireless che sfrutta le onde acustiche – le stesse usate dai delfini per comunicare – al posto delle onde radio, capaci di propagarsi soltanto per pochi centimetri sott’acqua. È la rivoluzione chiamata Internet of Underwater Things, l’“Internet sottomarina” che rende possibile la trasmissione di dati e immagini in mare. Un primato tutto italiano targato Wsense Srl, spin-off dell’Università La Sapienza di Roma specializzato nello sviluppo di soluzioni per IoT, tra cui sistemi di monitoraggio e di controllo per reti terrestri e subacquee. Il 23 e il 24 ottobre questa tecnologia di frontiera è sbarcata a Baia, per contribuire alla salvaguardia di uno dei siti sommersi più ricchi del pianeta, custode di strade, ville e statue di epoca romana. Nel Parco Archeologico flegreo il team di Wsense ha calato una rete di nodi-sensori interconnessi tramite la rete Internet subacquea, per misurare in modo continuo la concentrazione di anidride carbonica disciolta in acqua, un importante parametro da tenere sotto controllo per prevenire il degrado del patrimonio sottomarino. Il test è stato effettuato nell’ambito del progetto Musas – Musei di Archeologia Subacquea, coordinato dalla Dott.ssa Barbara Davidde dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR). Nelle stesse giornate, gli archeologi e i diagnosti dell’ISCR hanno sperimentato un innovativo sistema di chat e trasmissione in tempo reale delle comunicazioni tra divers, una sorta di ‘WhatsApp sottomarino’ installato su speciali tablet subacquei. L’ecosistema digitale sottomarino sviluppato da Wsense consentirà anche di monitorare l’attività vulcanica nella caldera dei Campi Flegrei: l’obiettivo è realizzare modelli dei fenomeni già in corso e studiare, grazie alla serie di dati che saranno acquisiti nel tempo, l’impatto delle attività vulcaniche sullo stato di conservazione dei manufatti della ‘Pompei sommersa’.
Nell’antico porto di Cesarea – Prima di approdare in Campania, il 24 e il 25 settembre scorsi la tecnologia brevettata dallo spin-off capitolino è stata testata in un altro sito archeologico d’eccezione, il porto romano di Cesarea (22-10 a.C.), in Israele. La sperimentazione rientra nel progetto europeo Archeosub (Autonomous underwater Robotic and sensing systems for Cultural Heritage discovery Conservation and in situ valorization), cofinanziato dall’Easme, l’Agenzia esecutiva per le piccole e medie imprese, e finalizzato allo sviluppo di prodotti e servizi per supportare la scoperta di nuovi siti archeologici subacquei e la tutela e valorizzazione di quelli esistenti. Il progetto ha visto in campo anche l’Università di Firenze e il suo spin-off MDM, artefici di Zeno, un drone autonomo di ultima generazione, utilizzato insieme alla rete wireless subacquea per indagare sulle cause del declino dell’antico porto. Ma le applicazioni dell’Internet degli abissi non si fermano all’archeologia. Le soluzioni per il networking sottomarino saranno la base della cosiddetta Blue Economy perché offriranno tante opportunità, dai monitoraggi ambientali alla prevenzione di tsunami, dalla gestione di incidenti e disastri in mare alla ricerca ‘sostenibile’ di giacimenti petroliferi. Non ultimo, il pattugliamento in continuo delle coste, al fine di innalzare il livello di sicurezza di porti e baie. Per saperne di più l’appuntamento è il 15 novembre all’Hotel Savoy (Sala Cerere) di Paestum, alle ore 13: Wsense sarà protagonista di “Progetto Archeosub: il sogno dell’Internet sottomarino”, evento programmato nell’ambito della XXI Borsa del Turismo Archeologico, moderato dal giornalista e divulgatore Alessandro Cecchi Paone.