La lezione francese che Confindustria conosce a memoria

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Stretta di mano a Versailles, al secondo Forum economico franco-italiano, tra (da destra) Vincenzo Boccia, Geoffroy Roux de Bezieux (presidenti delle federazioni industriali d'Italia e di Francia) e Luigi Abete, presidente di Febaf (Federazione banche assicurazioni e finanza)

Fa discutere il caso italiano in Europa. E l’intervento del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia alla scuola estiva del Medef, l’organizzazione delle imprese francesi, è stato tra i più attesi e ascoltati dell’intera rassegna che si è tenuta nello spettacolare scenario dell’ippodromo parigino di Longchamp.
Capitalismo e Libertà il titolo del panel al quale Boccia è stato invitato a parlare in chiusura di una giornata molto intensa e caratterizzata dagli interventi del ministro dell’Economia Bruno Le Maire e del presidente del Medef Geoffroy Roux de Bezieux preoccupati dal dilagare dell’onda populista e del sentimento sovranista.
L’interrogativo che è risuonato più forte degli altri, in particolare, è come sia possibile che movimenti di protesta pauperisti e fondamentalmente antindustriali possano affermarsi in Paesi che rappresentano l’eccellenza manifatturiera nel mondo e conservano un posto di rilievo nel consesso dei più ricchi.
La risposta sta nella sottovalutazione del male del secolo: l’allargarsi della distanza tra chi sta bene e chi sta male, tra chi ha tratto beneficio dal fenomeno che passa come globalizzazione e chi invece ne è stato negativamente colpito, tra chi è riuscito a mettersi alla guida del cambiamento e chi ha dovuto subirne le conseguenze.
Dunque, bisogna correre ai ripari prima che sia troppo tardi facendo appello anche e soprattutto alla capacità di tenuta e di azione dei corpi intermedi che, non per niente messi sotto tiro dai movimenti protestatari, rappresentano un baluardo del corretto funzionamento del gioco democratico.
Le Confindustrie europee sono ben consapevoli del compito che le attende e prima de Bezieux poi Boccia hanno chiarito che la via principale per il rilancio di una prospettiva che recuperi il valore della fiducia passi sempre per la crescita: non più fine a stessa ma al servizio del maggior numero possibile di persone.
La crescita, in questa logica, dovrà servire a ridurre le disuguaglianze rimediando alla disattenzione che ha portato allo scontento generalizzato alla base dei sommovimenti politici affacciatisi un po’ dovunque mettendo in crisi le molte certezze di classi dirigenti che non si sono mostrate all’altezza dei loro compiti.
Confindustria ha da tempo individuato un percorso che, secondo una formula ormai nota, porta l’associazione a essere ponte tra gli interessi delle imprese e quelli del Paese. Condividere la stessa traiettoria con il Medef francese rinforza la consapevolezza che la legittimazione arriva dai risultati che si raggiungono.
Questa consapevolezza è condivisa con la Bdi tedesca con la quale Medef e Confindustria s’incontreranno a Roma i primi giorni di dicembre. L’intesa tra le confederazioni dei primi tre Paesi manifatturieri d’Europa riceverà nuova forza dal mutato assetto della Commissione guidata da Ursula von den Leyen.
La Germania, in particolare, sta attraversando un difficile periodo economico e sta conoscendo i dolori della stagnazione. La sua mutata condizione la renderà più sensibile alle ragioni della crescita da sempre sostenute dai suoi partner con la possibilità che si apra davvero una nuova stagione riformista in Europa.
La prospettiva di un cambio di maggioranza nel nostro Paese – avviato con l’attribuzione dell’incarico al premier uscente Giuseppe Conte di formare un governo con 5Stelle e Pd – s’inserisce in questo rinnovato contesto e non a caso sale la fiducia e scende lo spread. Ogni mossa sarà determinante per vincere o perdere la sfida.