Il governo Gentiloni, la nuova configurazione del sistema politico italiano

Il governo presieduto da Paolo Gentiloni, oscuro ministro degli Esteri nel governo vacuo ma elettrizzante di Matteo Renzi, è un sostituto del precedente esecutivo ma rappresenta anche l’inizio di una nuova configurazione politica.

Obiettivi di questa nuova formula saranno il ritorno al sistema elettorale proporzionale, con un piccolo sbarramento all’entrata (3/4%) e un nuovo ruolo dell’Esecutivo, mediatore tra le forze parlamentari e tra queste e il Presidente della Repubblica.

Il PD avrà il ruolo della DC, i grillini del vecchio PCI, e Fratelli d’Italia e Salvini siederanno al posto del MSI.

Un governo, questo, che sembra adepto del laissez faire liberale, ma solo perché non incide nelle situazioni, è un sistema politico inerte, inoltre perché il nostro Paese è sempre più irrilevante sul piano dell’economia internazionale, di cui non solo non gestisce alcuni flussi, ma non sa nemmeno come si fa.

L’attuale governo è certo una fotocopia di quello di Matteo Renzi, dato che il bambino maleducato di Rignano sull’Arno non ha perso le elezioni, ma solo un referendum su una cervellotica legge di riforma del sistema rappresentativo, che il Renzi ha così pesantemente caricato di valori e effetti che non aveva, da urtare sia i suoi sostenitori che la maggioranza dell’elettorato.

Hanno dato fastidio il tifo da stadio, la ripetizione incessante degli slogan, la parlantina senza repliche possibili del nostro ragazzino di Pontassieve. 

Ora, questo personaggio è ancora, di fatto, il titolare della maggioranza delle azioni del governo Gentiloni.

E’ una nuova forma di sistema parlamentare, l’Esecutivo Ventriloquo.

Ma cosa ha detto, e quindi vuol fare, il nuovo Presidente del Consiglio Gentiloni? 

Nel discorso per la richiesta di voto alle camere, Gentiloni si è dilungato, con linguaggio sciatto, sull e principali azioni da indire per il ben noto “rilancio” del nostro Paese.

Il linguaggio sciatto è indice di pensiero vuoto.

In primo luogo, la nostra economia, che è “in ripresa”, deve riagganciarsi al trend della nuova crescita globale. 

Il refrain di Renzi, che non sa nulla e si elettrizza per tutto.

Nessuna delle due cose, ripresa italiana e aggangio al trend globale, è vera. 

Secondo la Svimez, dal 2008 ad oggi la produzione industriale è scesa del 35% e gli investimenti del 59%.

In Italia il tasso di disoccupazione è oggi all’11,4% e per la Commissione Europea vi è un ulteriore 12% che ha abbandonato il mercato del lavoro. 

Nel Sud, il tasso di disoccupazione giovanile è colossale: in Calabria del 65%, in Sicilia il 56% e in Campania il 53%, malgrado 100.000 giovani l’anno del Meridione emigrino all’estero.

Per le banche, che Gentiloni pensa essere “fondamentalmente sane” la quota delle sofferenze è di quasi il 20% del totale dei prestiti.

Il livello più alto in Europa. 

Il Patto di Stabilità europeo, poi, impedisce al nostro Paese di creare una “bad bank” dove possano confluire tutte le sofferenze.

Secondo gli strani giuristi dell’Unione, ciò si configurerebbe come un “aiuto di Stato”, che gli ingenui europei di Bruxelles ritengono il Male Assoluto. 

Ma la Spagna lo ha fatto, per esempio, e la Germania ha sostenuto le sue Landesbanken che erano in profonda crisi.

Peraltro, sono state sanzionate dall’Unione anche il Real Madrid, il Barcellona e altri cinque club calcistici spagnoli, mentre l’Unione pensa, in un momento di distrazione, di accettare gli aiuti di Stato al Monte dei Paschi. 

L’UE non ha una politica univoca, malgrado gli infiniti codicilli delle sue norme.

Se le banche, che non sono “un aiuto alla ripresa” come ha detto l’ottimista Gentiloni, ma se invece le nostre banche hanno accumulato troppo debito per poter sopravvivere, c’è solo l’arrivo della Trojka.

Berlino l’ha “chiamata” per noi il 6 dicembre scorso, affermando che il nuovo esecutivo (Gentiloni) dovrebbe chiedere un programma di aiuti all’ESM (European Stability Mechanism).

I tedeschi vogliono perfino il sostegno parallelo del Fondo Monetario. 

Se poi, affermano i dirigenti e i politici tedeschi, il nuovo governo non farà in modo di modernizzare davvero il Paese, allora non potrà non esserci l’Italexit dall’Euro.

Ecco, questa è la realtà che dobbiamo affrontare, lontana mille miglia dall’ottimismo a denti stretti del nuovo esecutivo fotocopia di Gentiloni.

E, aggiungiamo, bisogna vedere bene la situazione dei piccoli imprenditori e dei giovani che vanno a lavorare all’estero, ormai una fiumana incontenibile. 

Tra il 2008 e il 2014 sono venute a mancare ben 14.000 società piccole e medie, nel 2015 poi sono uscite dal mercato per procedure concorsuali o per liquidazione volontaria, meno del solito, ma non ancora ai livelli pre-2008.

Senza PMI, nessuna economia italiana: le PMI realizzano un giro d’affari pari a 838 miliardi di euro, hanno un valore aggiunto per 189 miliardi e hanno debiti per 255 miliardi.

Ecco, la scarsa ripresa, quella che cita Gentiloni, che dipende dalla scarsezza grave degli investimenti. 

E dov’è una capacità governativa di raccogliere capitali stranieri e nazionali per la rinascita industriale, dato che gli investimenti calano in ogni parte del mondo, salvo nella Cina e nella Federazione Russa?

I cittadini poi che se ne vanno dall’Italia sono oltre 107mila, nel solo 2015.

Gli italiani all’estero sono già 5 milioni. La fascia 18-34 anni è al 36,7%, mentre i 35-49 anni sono il 36,7%.

Un flusso immane che depaupera le professioni e l’innovazione. E, poi, un costo che le famiglie e lo Stato sopportano senza averne risultato, circa un 700.000 euro per laurea.

Per non parlare, poi, dei tantissimi imprenditori che si sono uccisi a causa della crisi. 

I casi di suicidio per cause economiche sono 81 nel primo semestre 2016. Operai e “padroni” insieme.

E sono il 36,4%, nel totale di tutti i suicidi per motivi economici, quelli di imprenditori che non potevano più mandare avanti l’impresa e pagare i loro operai. 

Nel 2015 era il 46,1% la quota degli imprenditori suicidi.

Non esiste altrove in UE la stessa percentuale di imprenditori suicidi, e questo significa che la bella narrazione dei governi e dei centri di ricerca italiani sulle “magnifiche sorti e progressive”, il verso che Leopardi prese da suo cugino Terenzio Mamiani per prenderlo in giro, è tutta una bella fola, sempre per rimanere nel linguaggio leopardiano.

Per sanarsi il Pil italiano avrebbe bisogno di espandersi almeno l’1,3% per i prossimi sei mesi, il che permetterebbe all’Italia di ottenere un rapporto deficit-Pil di poco superiore al 2%.

E, sempre per parlare del nuovo governo Gentiloni, le vogliamo ricordare le gaffes del primo ministro?

L’astensione nei riguardi della negazione del rapporto tra Ebraismo e luoghi sacri di Gerusalemme all’UNESCO è stato presentato dal Ministro Gentiloni addirittura come un successo per il “si”, con elucubrazioni infinite e irrilevanti.

Per non parlare di una esplicita voglia di cedere la sovranità alla UE, in un twitter del 2012. 

Abbiamo governi che, da tempo, vogliono solo andare al mare e lasciare tutto in mano alla Unione Europea, che non è necessariamente un nostro alleato ma soprattutto un nostro concorrente.

E c’è da ricordarsi del consiglio di Gentiloni a Trump di non cambiare politica sul nucleare, sull’Iran e sul clima, e badate poi come il Presidente-eletto ha reagito su questi tre temi.

Ma non dimentichiamoci qui dei temi più gravi, come l’India che ci ha preso per i fondelli, quando Gentiloni era ministro degli Esteri, sulla estenuante e indegna questione dei due Marò.

Per non parlare poi della tragedia di Giulio Regeni, in cui il ministro degli Esteri non tocca palla, lasciando senza parole anche i dirigenti egiziani.

Infine non una gaffe, ma una verità, ovvero l’affermazione del ministro Gentiloni sul fatto che sui barconi dei “migranti” ci siano anche terroristi, una verità che Gentiloni si è subito rimangiata, per paura della sinistra interna al governo.

Ci vorrebbe l’America, per delegargli la nostra politica estera, ma non c’è. 

E in effetti il mito degli USA manifestato da Renzi sembrava la replica della notissima macchietta di Nando Mericoni, l’americano di Roma interpretato da Alberto Sordi.

E aggiungiamo ancora il progetto di una “transizione siriana oltre Assad” un’idea peregrina gentiloniana, se vediamo cosa accade sul campo, ma si capisce tutto se si vede quanto sia alto e talvolta comico il servilismo di questo e del precedente governo Renzi nei confronti appunto dell’America. 

E il pazzo grido al Consolato Italiano di New York il 23 settembre scorso, quando ha finito il suo intervento con un “Forza Hillary” a squarciagola? 

Un Paese alleato non si intromette negli affari dello Stato amico, per non parlare qui del finanziamento del governo Renzi alla campagna elettorale della signora Clinton, un comportamento illegittimo e pericoloso.

Gentiloni ha poi espresso piena solidarietà a Erdogan dopo il fallito golpe, per non parlare poi del sostegno totale dell’Italia a Fajez al Serraj in Libia, l’uomo che la comunità internazionale ha “scelto” come nuovo leader in Libia.

Il fatto è che al Serraj comanda appena dietro il suo palazzo sulla riva di Tripoli, e basta, mentre sarebbe stato intelligente distribuire il proprio sostegno alle maggiori parti in causa non jihadiste. 

Ma ormai la nostra politica estera è in mano a dilettanti che ripetono il verso di tutti, salvo il proprio. 

Non esiste più l’interesse nazionale italiano, esiste la provinciale retorica del politically correct che viene trasformata, da questi politicanti, in vera e propria politica estera.