La Chiesa della Pietà dei Turchini: l’Arte e la Musica nel Seicento e Settecento napoletano

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A Napoli, nella centralissima Via Medina, a due passi dal Maschio Angioino e dal via vai dei croceristi  provenienti dal vicino porto, tra i palazzi storici e quelli istituzionali, sta incastonato un vero gioiello di arte e di storia, la chiesa della Pietà dei Turchini, una delle chiese monumentali di Napoli, poeticamente descritta come la fabbrica di cantori napoletani dei Seicento e del Settecento.
La costruzione della chiesa risale al 1592, in contemporanea con l’edificazione dell’omonimo conservatorio. Il nome della chiesa, è ufficialmente Santa Maria dell’Incoronatella, tuttavia il suo nome storico, col quale viene universalmente riconosciuta, discende dal colore dell’abito indossato dai fanciulli orfani che la Congregazione dei bianchi dell’Oratorio sottraeva alla strada nella zona di Rua Catalana . Ai ragazzi venivano impartiti i primi rudimenti del leggere, dello scrivere e del far di conto, quindi venivano avviati allo studio della musica e del canto. L’ingresso nell’istituto era riservato ai fanciulli bisognosi e senza padre, di età compresa tra i sette e i quindici anni, limite che poi fu esteso a ventidue anni e, in casi di eccezionale bravura, poteva anche essere protratto in età più avanzata. A partire dal 1615, accogliendo la tesi di Salvatore Di Giacomo, con l’ingresso ufficiale della musica come insegnamento all’interno delle Pia Istituzione, si verificò un cambiamento che prevedeva l’iscrizione al conservatorio di alunni paganti “i cosiddetti “pensionisti”, napoletani o forestieri, a condizione che non fossero nati da matrimoni illegittimi né avessero pendenze penali presso corti ecclesiastiche o laiche.
Con l’aiuto dei Vicerè spagnoli i Bianchi edificarono in Via Medina, di fronte alla chiesa dell’Incoronata, un collegio per i ragazzi e l’attuale chiesa, ultimata nel 1595, anche grazie alle donazioni e i lasciti testamentari dei nobili che furono copiose nel tempo, anche grazie alle indulgenze concesse da diversi pontefici a coloro che si fossero dimostrati sensibili alle necessità del conservatorio. 
Nel conservatorio annesso alla chiesa si formarono i più importanti artisti napoletani, come Alessandro Scarlatti, Gian Battista Pergolesi, Giovanni Paisiello.
La chiesa, caratterizzata dal tipico splendore barocco, originariamente presentava un’unica navata e cinque cappelle laterali e fu successivamente ampliata, con l’aiuto di generosi benefattori,  fino all’attuale configurazione, con dieci cappelle laterali e due cappelloni nel transetto. Di particolare pregio nella chiesa non sono solo i dipinti, ma anche i preziosi marmi dei vari altari. L’altare maggiore fu realizzato da Giovanni Atticciati nel 1770-73 in splendidi marmi policromi. Nel cappellone del transetto destro dedicato a Sant’Anna sono conservate le tele di Andrea e Nicola Vaccaro e Giacomo Farelli.
Di Battistello Caracciolo la Sacra Famiglia, conservata nella terza cappella di destra. Giovani popolani posarono come modelli per gli Angeli che circondano l’Eterno, in un gioco di luci realistico ed emozionante, omaggio allo stile caravaggesco. Anche Andrea Vaccaro, che le cui opere decorano la quarta e la quinta cappella, negli Episodi della Passione di Cristo subisce l’influsso del Caravaggio. Ancora, da non perdere, l’Invenzione della Croce di Luca Giordano, dove sono narrate le origini del legno da cui venne ricavata la Croce sulla quale Gesù fu crocifisso e di come fu ritrovato da Elena, madre di Costantino che lo riconobbe quando, al contatto con esso, un defunto resuscitò.
La chiesa rappresenta uno scrigno di inestimabile valore. In un ambiente non particolarmente ampio sono concentrate opere dei massimi esponenti del Seicento e del Settecento napoletano: Domenico Fiasella, Belisario Corenzio, Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Battistello Caracciolo. Attraversare la navata di questa chiesa, immaginare il calibro degli artisti che qui si sono espressi e dei musicisti che si formarono nel conservatorio, è un affascinante viaggio nella Musica, nell’Arte e nella Bellezza del capoluogo campano con pochi eguali.
 
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