L’Iran, il difficile ritorno al futuro di un Paese strategico

181

di Luisa Pezone*

Le strade delle città d’Iran sono state invase dalla folla che sfilava con giovani e studenti in prima linea. Duplice il segno della protesta: contro il caro vita da un lato, per la maggiore libertà dall’altro. Abbiamo assistito a varie scene di manifestazioni di massa diffuse dai media di tutto il mondo. La protesta ha provocato qualche vittima e l’immancabile coro di moniti internazionali. Il segno non era ben chiaro. L’Unione europea, per bocca dell’Alta Rappresentante Mogherini, ha espresso solidarietà ai manifestanti e auspicato che le proteste non determinassero una spirale di violenza. Mogherini era stata fra i negoziatori dell’accordo sul nucleare con l’Iran e la sua voce è suonata autorevole a Teheran.
Stiamo forse assistendo ad un passaggio storico in Iran che porterà a dei cambiamenti significativi? Donald Trump ha prontamente inviato un messaggio tramite i social alla dirigenza iraniana: sottolinea di essere dalla parte del popolo e avvisa che gli USA stanno guardando.
L’Iran è una grande Paese ricco di idrocarburi ma gli introiti della vendita di questi ultimi non sono tali da permettere ritorni adeguati. La popolazione è in crescita e si registra nelle giovani generazioni tanta insoddisfazione per prospettive pari quasi a zero e usi e costumi arretrati e poco moderni. Celebre in questi giorni l’immagine della ragazza arrestata per avere manifestato per le strade di Teheran senza il velo, con i capelli sciolti, sventolando una bandiera bianca. La giovane aveva aderito ad un movimento promosso dalla giornalista e attivista iraniana Masih Alinejad che promuove i diritti delle donne. Infatti ancora oggi alle donne è vietato mostrarsi in pubblico senza il velo.
Inoltre la guida politica del moderato Rouhani è messa in discussione da quella religiosa che, nel sistema politico iraniano, ha l’ultima voce in capitolo. La dirigenza religiosa, a differenza degli organi elettivi votati dal popolo, ha un sistema di successione interna indipendente da quello statale, che prevale sull’altro e ne condiziona l’operato. Nel frattempo nella borghesia si registra emancipazione e curiosità verso il nuovo, facendo prevalere un senso di insoddisfazione forte.
Inoltre l’Iran è centrale nelle vicende del Golfo e del Medio Oriente. E’ con questo bagaglio “pesante” che cerca di aprirsi allo sguardo del mondo. E’ incerta la sorte dell’ex Presidente Ahmadinejad. Sarebbe stato emarginato e forse arrestato in quanto sospettato di avere fomentato la protesta. Per spostare a destra l’asse politico contro la guida del moderato Rouhani? L’Iran resta un Paese difficilmente decifrabile persino agli osservatori più attenti. Di sicuro è un Paese con cui l’Occidente e l’Europa devono fare i conti se sono interessati alla stabilità regionale.

* Segretario Generale Fondazione Mezzogiorno Europa