Cultura, arte e fotografia, il sogno dei cuor di Leone nella mostra Carnet de Voyage: dal Barocco al Neorealismo

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In foto da sinistra Peppe Leone, Giuseppe Leone e Mario Esposito

Azzurra Immediato

“Carnet de Voyage: dal Barocco al Neorealismo” non è solo il titolo di una mostra, racchiude in sé qualcosa di ben più complesso, ampio e profondo, legandosi ad un passato di cui restano tracce in una memoria culturale comune e che, attraverso l’arte, sancisce un dialogo fecondo con il nostro tempo. Ciononostante, sì, Carnet de Voyage: dal Barocco al Neorealismo è anche la mostra – conclusasi il 9 giugno scorso – del fotografo di fama internazionale, Giuseppe Leone, ospitata nel Museo Correale di Terranova, a cura del direttore Filippo Merola e di Emanuela Alfano, culmine del progetto Le Residenze Artistiche – Il Grand Tour, ideato dall’accademico ed artista sannita Peppe Leone nell’ambito del Premio Penisola Sorrentina diretto da Mario Esposito, che ha visto rinascere il concetto di tour culturale sulle orme dei favolosi tesori campani.
“Una settimana intensa, composta da luoghi, percorsi, ricchi di suggestioni, alla riscoperta di un patrimonio d’arte e non solo, che racconta la storia dei nostri territori, fatta anche di rapporti umani; un tour dove l’occhio di un ‘vero artista’, il fotografo ragusano Giuseppe Leone, ha saputo raccontare, attraverso scatti ancora inediti, che già anticipano la pregnanza della storia e della bellezza di luoghi come Pompei, Paestum, l’entroterra e la costa”. È così che il direttore artistico Peppe Leone, che ha ideato il progetto di residenza artistica per il suo omonimo siciliano, sintetizza le giornate vissute a pieno nel novello grand tour, straordinaria testimonianza di un tempo che sembra sospeso. Il vero fulcro, poi, è stato il Museo Correale di Terranova, sede della mostra, già storicamente in dialogo con i temi di ricordo, identità e perpetuazione artistica, essendo esso scrigno di opere d’arte della cosiddetta Scuola di Posillipo e dove il Giuseppe Leone ha ricevuto il Premio Penisola Sorrentina Arturo Esposito per la Fotografia, in occasione del finissage.
Attraverso un nuovo itinerario estetico, la mostra fotografica di Carnet de Voyage: dal Barocco al Neorealismo, ha originato una ricodificazione della memoria e, tramite i diciotto scatti presenti, ha esplorato e narrato la sua Sicilia ed il paesaggio meridionale, mediato dalla presenza e dall’assenza umana, secondo i principi di un focus di matrice antropologica che, dagli anni ’50 ad oggi, funge da breve epitome temporale e spaziale, dimensioni che, egli, tuttavia, abbatte, nella lirica pregnanza affidata alla fotografia, in cui visioni, attese, esperienze ed azioni convergono, come fossero appunti tracciati su un carnet de voyage, dalla cui intima descriptio giungono ad offrirsi alla collettività, in una sublimazione mnemonica, drammaturgica e, naturalmente, estetica.

Azzurra Immediato: Il progetto Le Residenze Artistiche – Giuseppe Leone, il Grand Tour, nasce da un ‘sogno’ espresso molti anni fa, insieme con Giuseppe Antonello Leone, scultore irpino e Peppe Leone, pittore sannita, oggi ideatore di questo tour artistico nella Penisola Sorrentina. Ci racconti questa esperienza appena iniziata e che culminerà nella mostra al Museo Correale.
Giuseppe Leone: Il progetto è ambizioso e di grande sviluppo culturale. Ovviamente per me è stato un grande piacere farne parte, essere qui mi permette di raccogliere, interpretare, raccontare e soprattutto rivisitare lo splendore dei luoghi che hanno incantato da secoli i viaggiatori. È così che si germina l’idea di un nuovo Regno delle due Sicilie, una riconsiderazione emblematica e suggestiva del Grand Tour che abbraccia la Campania e la Sicilia. Oserei dire una rivalutazione di questo sud molte volte dimenticato. Con Peppe Leone e con Mario Esposito in questi giorni ci entusiasma l’idea di un percorso visivo, di una mostra itinerante per divulgare e raccontare la bellezza e la profondità culturale dei luoghi e delle esperienze suggestive di queste giornate di grande emozione, dove profondità culturale, confronto e scoperta delle radici storiche catturano lo spirito e divampano in pensiero creativo, esaltando la bellezza di un’esperienza che culminerà nell’incontro del finissage al Museo Correale. Tutto questo grazie alla lungimiranza di un sogno.
A.I.: La sua fotografia, il suo linguaggio estetico sono ben noti, quale è la radice più profonda del suo narrare attraverso l’obiettivo? Ed in cosa la scelta di un idioma in bianco e nero Le ha permesso di esprimere ciò che osservava?
G.L.: Il linguaggio estetico è il risultato di una ricerca culturale e antropologica frutto di una mia costante osservazione del circostante. L’uomo sta alla base della massima espressione fotografica divenendo anima essenziale sia nel paesaggio e sia nell’architettura, come anche nello studio antropologico della religiosità dei riti privati ma anche nelle feste pubbliche. Il bianco e nero permette di esprimermi in un linguaggio senza tempo, sintetico ed essenziale. Tutto diviene narrazione e ambiente vissuto.
A.I. La Sua presenza a Sorrento si propone come ponte intellettuale, artistico e culturale, tra la Sua Trinacria e la Campania, inscenando – eccezionalmente a ritroso – quello che era il cosiddetto Grand Tour. Attraverso il Suo sguardo, latore di dettagli, storie e sortilegi di una Italia che oggi appare lontana, cosa è riuscito ad intravvedere sotto le nubi di un tempo che corre troppo in fretta, nel tourbillon che ha investito la fotografia? Quali sono i capisaldi che Lei ha prediletto nella Sua carriera e che predilige ancora oggi?
G.L.: Per me è interessante soprattutto capire il passaggio epocale, dinamico e veloce, che partendo dal neorealismo arriva al terzo millennio. La fotografia e l’osservazione del circostante mi permette di coniugare questo passaggio generazionale, offrendomi una chiave di lettura interessante e permettendomi di accostarmi ad una realtà in cui le contraddizioni sono mitigate da una poetica di ricerca della bellezza. Questa stessa bellezza paesaggistica, culturale e umana che diviene anello di congiunzione tra la Campania e la Sicilia, luoghi archetipi accomunati dalle stesse radici profonde. Entrambe sono nate dalla costituzione del Regno delle due Sicilia. A Napoli il re a Palermo i viceré.

Ciò che affiora, dunque, dalle parole del maestro Giuseppe Leone, dagli scatti che il pubblico ha apprezzato e ammirato nelle sale del Museo Correale, è, per l’appunto, un felice ricorso alla volontà di una dimensione comune in cui percorrere un itinerario alla ricerca della bellezza idealmente intesa, laddove ad ogni foto, declinata in un idioma caratterizzato dal bianco e nero e dalle sue implicazioni percettive, par corrispondere e farsi contrappunto una sorta di epitome d’etnogenesi nella quale ripescare le nostre radici mediterranee. La fotografia, quale medium contemporaneo di un nuovo vedutismo e di una magistrale ritrattistica, unisce attorno a sé simbolo, mito e metafora, sopperisce all’assenza di memoria storica in un tempo che, fluttuante, corre verso un futuro non delineato. Leone, concentra nelle immagini e nella loro valenza semantica, una comunicazione non già e non solo tecnica, quanto ontologicamente in grado di proporsi come creazione di forma narratologica, mise en scène ancipite, latrice di armonie o di pressanti contrasti che si leggono nelle orografie da Egli eternate così come nei dettagli dei volti da lui ritratti – impossibile dimenticare, ad esempio, gli scatti con Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, presenti in mostra – Una fotografia culturale intesa come ‘sistema estetico’ e raffigurativo in grado di codificare un più complesso e vasto sistema identitario, ontologicamente fuso con il pensiero antropologico e con il sentimento narrativo. Giuseppe Leone, nel corso della sua carriera, tramite la sua ricerca e la sua produzione, ha lasciato affiorare in superficie i sogni ed i desideri della sua terra, così come le sue ombre, ha tradotto in materia percettibile, retinicamente ed emotivamente, l’altrimenti inenarrabile, ciò che il tempo avrebbe obnubilato; ha offerto una imago eterna ad un’intera epoca, ne ha delineato la coscienza per una inusitata conoscenza, tale da essere compresa, ammirata, discussa ed assimilata da quanto altra da sé. Il grado di autenticità tradizionalmente derivante dal linguaggio fotografico, nel racconto della realtà di Giuseppe Leone, ha simbolicamente dato avvio ad una grammatica dal significato recondito, oltre l’immediatezza dello scatto, generando una prospettiva capace di proporre la sua terra, la sua gente e non solo, come icona di una identità collettiva, per un sapere plurimo, corale, partecipato. Tutto questo è stato ben compreso da chi, il 9 giugno, durante il finissage e la premiazione di Giuseppe Leone, concomitanti con i lavori dell’incontro “Giornalismo e Fotografia” promosso dall’Ordine dei Giornalisti della Campania, ha potuto aprire ad una riflessione ampia. Il congresso, invero, dedicato alle eccellenze campane, ha trovato un punto nodale nelle parole di Ciro Castaldo, direttore dell’Associazione Patrimoni del Sud Unesconet – che riunisce i siti Unesco del Sud Italia – il quale, tra i due Leone, il sannita e il siciliano ha asserito: “Tra le straordinarie bellezze patrimonio Unesco della Campania suggerisco di visitare il Complesso di Santa Sofia di Benevento”, annoverando il Sannio tra i luoghi che necessita di un salto verso una sua maggiore conoscenza. Ciò dimostra che l’arte, la cultura, la bellezza nel senso filosoficamente inteso, producono relazioni altrimenti impensabili, come promosso dalla Residenza sorrentina, in grado di creare sinergie tra territori apparentemente lontani, eppure, millenariamente uniti dalla storia, da quegli elementi prodromi del mondo a noi più noto che, invero, necessita di un profondo rispetto e una forte rivalutazione, grazie a quanto i maestri del passato hanno lasciato a noi in eredità e che dobbiamo, per salvezza della memoria e per nostra salvezza, salvaguardare in maniera corretta, affinché riviva, imperituramente.